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Stress digitale: aprile è il mese della consapevolezza, i consigli degli esperti 

Capire come i social media influenzino il benessere degli utenti è fondamentale per gestire lo stress, ed è importante imparare ad avere un rapporto più sano con questi spazi digitali. I social media sono diventati infatti una fonte significativa di stress, contribuendo alla proliferazione di problemi legati all’ansia e alla tensione.
Oltre a ‘inondarci’ di troppe informazioni, ci rendono vulnerabili anche alle truffe e i furti di informazioni personali a scopo di lucro.

Gli esperti di Kaspersky suggeriscono 5 consigli per ridurre l’impatto negativo dei social network e migliorare il benessere digitale. Dal 1992 ogni anno ad aprile si celebra infatti il Mese della Consapevolezza dello Stress, per ricordare quanto sia importante saperlo gestire per poter preservare la salute mentale e fisica degli utenti

Impostazioni dell’account e contatti selezionati

Configurare adeguatamente le impostazioni di privacy degli account online è fondamentale per proteggere le informazioni personali e garantire la sicurezza digitale. Scegliendo chi può visualizzare i post e il profilo si riduce il rischio di interazioni indesiderate o potenziali minacce come stalking, furto d’identità, doxing e phishing. 

Limitando le connessioni a chi si conosce personalmente, poi, si riducono le possibilità di incontrare truffatori e ricevere contenuti dannosi o malevoli. Imbattersi in contenuti inappropriati, come scene di violenza o crudeltà, può causare disagio. Il controllo dell’ambiente digitale attraverso un’attenta selezione delle richieste di amicizia, contribuisce a un’esperienza online più positiva e sicura.

Occhio ai link!

Dietro link apparentemente innocui si nascondono spesso schemi di phishing, camuffati in modo da imitare siti web legittimi. Questi siti ingannevoli sono progettati per indurre gli utenti a rivelare informazioni sensibili, come password, dettagli finanziari e altri dati personali.

La somiglianza di questi siti di phishing con le versioni ufficiali può generare confusione, aumentando significativamente il rischio di perdita di dati personali. Questa minaccia digitale sottolinea l’importanza della prudenza, adottando pratiche online sicure, come la verifica dell’autenticità dei siti web prima di inserire qualsiasi informazione. E l’utilizzo di una soluzione di sicurezza completa.

Password forti e segnalazioni di attività sospette

Impostare una password poco efficace semplifica notevolmente il compito dei cybercriminali, semplificando l’accesso non autorizzato agli account dei social media. Una password forte e complessa è la prima linea di difesa e aiuta a salvaguardare informazioni personali e identità digitale, evitando stress e complicazioni associate alla gestione di account violati.
Ultimo consiglio, segnalare attività sospette e di cyberbullismo alle piattaforme social.

Le piattaforme online sono alleate nella tutela della sicurezza e della tranquillità digitale. Quando si segnala un contenuto offensivo o atti di cyberbullismo si contribuisce al benessere della community, perché consentono alle social media company di intraprendere azioni concrete favorendo uno spazio online più sicuro per tutti.

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Rapporto Censis sulla comunicazione: si consolida il paradigma biomediatico

A quanto emerge dal 19° Rapporto sulla comunicazione del Censis, nel 2023 non si ferma il boom della spesa delle famiglie per i dispositivi digitali con 8,7 miliardi di euro: +727,9% dal 2007. Inoltre, a guardare la tv il 95,9% degli italiani (+0,8%), il 56,1% la tv via internet (+3,3%). Ma il vero boom è della mobile tv, passata dall’1,0% di spettatori nel 2007 al 33,6%.

Nell’era biomediatica, alcuni mezzi sono in grado di raccogliere un vasto pubblico e rispondere alle diverse esigenze comunicative. A svolgere questo compito è ancora la televisione, ma è la radio che continua a rivelarsi all’avanguardia all’interno dei processi di ibridazione del sistema dei media.
Tra il 2022 e il 2023 si registra poi un consolidamento dell’impiego di internet (89,1% di utenza, +1,1%), e si evidenzia una sovrapposizione quasi perfetta con quanti utilizzano gli smartphone (88,2%), e molto prossima agli utilizzatori di social network (82,0%).

Carta stampata in caduta libera, ma si arresta l’emorragia di lettori di libri

Per i media a stampa si accentua ulteriormente la crisi ormai storica, a cominciare dai quotidiani cartacei venduti in edicola. Nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, nel 2023 dal 22,0% (-3,4% in un anno e -45,0% in quindici anni).

Si registra ancora una limatura dei lettori di settimanali (-1,7%) e mensili (-2,8%), e diminuiscono anche gli utenti dei quotidiani online (30,5%, -2,5% in un anno), mentre sono stabili quanti utilizzano i siti web d’informazione (58,1%, +21,6% dal 2011).
Nel 2023 però si arresta l’emorragia di lettori di libri, che sono il 45,8% (+3,1% rispetto al 2022 ma -13,6% rispetto al 2007). La ripresa non riguarda i lettori di e-book, che rimangono stabili al 12,7% (-0,6%).

Social network: scendono Telegram e Snapchat

Se per i media a stampa si accentua ulteriormente la crisi ormai storica, a cominciare dai quotidiani cartacei venduti in edicola, tra i giovani (14-29 anni) il 93,0% utilizza WhatsApp, il 79,3% YouTube, il 72,9% Instagram, il 56,5% TikTok.
In lieve flessione, oltre a Facebook, anche Spotify e Twitter.

Colpisce la discesa di Telegram (dal 37,2% del 2022 al 26,3%) e Snapchat (dal 23,3% all’11,4%).
Il 74,0% degli italiani ritiene poi che gli sviluppi dell’Intelligenza artificiale al momento siano imprevedibili. In percentuali pressoché analoghe vengono espressi giudizi sia ottimistici sia pessimistici sugli effetti che l’AI potrà produrre.

L’era dell’AI e del politically correct

Tra gli ottimisti riguardo al futuro, il 73,2% pensa che le macchine non potranno mai sviluppare una vera forma di intelligenza come gli umani, tra i pessimisti, il 63,9% teme che sarà la fine dell’empatia umana.
Allarmisti anche quanti credono che non sapremo più distinguere il vero dal falso, con grandi rischi per le democrazie (68,3%), e c’è chi pensa che sarà la fine della privacy perché saremo tutti controllati dagli algoritmi (66,3%).

Nell’era del politically correct, per gli italiani (75,8%) i media non dovrebbero mai usare espressioni ritenute offensive o discriminatorie da alcune categorie di persone. Ma quando si passa alla vita quotidiana, il 69,3% è infastidito dal fatto che ci sia sempre qualcuno che si offende se si pronuncia qualche frase ritenuta inopportuna.

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Turismo: gli operatori investono per essere più attrattivi

A fotografare il settore nel 2023 è l’Osservatorio Turismo Nomisma, realizzato per conto di UniCredit. La congiuntura economica non favorevole, acuita dai conflitti internazionali, ha reso complicata l’operatività per il 62% degli operatori, che hanno risentito soprattutto dell’aumento dei costi energetici (37%) e della crescita generalizzata dei prezzi (15%).

Per 4 strutture su 10 la complessità operativa è dipesa anche dall’aumento dei tassi di interesse e dalla contrazione della domanda interna. Inoltre, il 14% delle strutture ha riscontrato difficoltà a trovare personale da assumere (+6% rispetto al 2022).
Secondo Mattia Barchetti Head of Market Intelligence di Nomisma, “Continuare a investire per migliorare la propria attrattività rappresenta quindi un fattore discriminante per garantire all’Italia un ruolo da protagonista tra le mete di viaggio”.

L’attenzione alla sostenibilità come driver strategico

Investimenti e strategie messi in campo dalle strutture ricettive nel biennio 2023-24 vanno, piuttosto, nella direzione di aumentare la propria attrattività e rispondere alle nuove richieste del mercato.
In questo contesto, la sostenibilità ambientale è un driver strategico fondamentale per quasi 8 operatori turistici su 10. Questa nuova consapevolezza ha spinto le strutture ad adottare politiche e soluzioni sostenibili, riducendo l’impatto ambientale e incontrando la crescente domanda di turismo sostenibile.

Molti operatori hanno già intrapreso iniziative in questa direzione: il 72% ha fatto investimenti per la raccolta differenziata, la depurazione dell’acqua, la riduzione dei rifiuti e delle sostanze inquinanti, il 70% si è attivato per ridurre gli sprechi alimentari, il 66% ha adottato azioni di risparmio idrico ed energetico (51%).

La crisi climatica e l’impatto sulla gestione delle strutture

Molte strutture ricettive dichiarano poi di avere in programma l’attivazione di una serie di attività a favore della sostenibilità ambientale, e 1 operatore su 4 manifesta l’intenzione a selezionare fornitori attenti ai temi sostenibili.
Gli operatori turistici stanno acquisendo una consapevolezza sempre più marcata riguardo all’interconnessione tra sostenibilità ambientale, crisi climatica e impatto diretto che queste dinamiche hanno sulla gestione delle strutture.

Il 66% degli operatori ha dovuto confrontarsi con gli effetti diretti e indiretti sulle attività aziendali, e in risposta all’urgente scenario climatico in evoluzione, hanno ritenuto indispensabile adottare misure proattive per affrontare gli imprevisti atmosferici. In particolare, circa 1 operatore turistico su 2 ha deciso di sottoscrivere una copertura assicurativa per eventi atmosferici.

Le strategie adottate per ampliare l’offerta

Tra le strategie adottate invece a favore di una maggiore attrattività 1 operatore su 4, ha scelto di puntare al rinnovo e all’ammodernamento della struttura mentre il 23% manifesta interesse a investire in impianti per la produzione di energia rinnovabile.

Seguono, le intenzioni di investimento nell’acquisto di nuove attrezzature (10%) e in attività e strumenti di marketing digitale (8%). Solamente il 18% non prevede di fare investimenti nel prossimo futuro.
In merito all’offerta, il 41% prevede un aumento dei prezzi di listino sia per i maggiori costi di gestione sia per la revisione o l’ampliamento dei servizi offerti ai clienti.

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Cyberecurity: in Italia attacchi hacker +169% rispetto al 2022

Secondo ai dati del rapporto Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica, gli utenti italiani nell’anno solare 2022 hanno denunciato 188 attacchi hacker, il 169% in più rispetto al 2021.
Nell’83% degli hackeraggi riusciti le conseguenze per i sistemi informatici tricolori sono state drammatiche.

Il quadro generale, nazionale e internazionale, sempre più preoccupante impone quindi la necessità di puntare su informazione e formazione all’uso del digitale. La popolazione va resa consapevole su quali siano gli attacchi hacker più frequenti, e come agire, se possibile, per evitarli.
Intanto, il governo italiano è al lavoro per potenziare la crescita digitale e la cybersecurity: 623 milioni di euro, attinti ai fondi del PNRR, saranno infatti destinati al rafforzamento della sicurezza informatica. 

I casi più clamorosi del 2023

Stando al Clusit dal 2018 al 2022 i casi di attacchi hacker sono aumentati notevolmente. Una tendenza che sembra confermarsi anche nell’anno in corso. Nel primo semestre 2023 si sono verificati alcuni episodi che hanno avuto una certa risonanza a livello mediatico. Tutte le offensive hanno interessato portali istituzionali.

A marzo i siti ufficiali della Camera, dei ministeri Difesa, Esteri e Trasporti e dell’esecutivo sono stati bersaglio di un attacco del tipo DDoS.
Gli hacker hanno ‘inondato’ di richieste di collegamento fasulle gli indirizzi IP dei server in questione. L’obiettivo era sovraccaricare le pagine fino a mandarle fuori uso. Un attacco analogo, a maggio, ha colpito anche il Ministero del Made in Italy. 

I dati sulle offensive hacker

Ad agosto, invece, il Ministero della Giustizia è stato oggetto di un pericoloso attacco di tipo ransomware.
Attraverso un software malevolo, i pirati informatici hanno bloccato l’accesso al sito richiedendo un riscatto al governo, affinché ottenesse nuovamente l’accesso ai dati.

Anche nel 2022, però, il settore prediletto dai malintenzionati della rete è stato quello governativo, con il 20% degli hackeraggi totali che ha interessato i siti dei ministeri o i sistemi in capo all’esecutivo.
Ma la medaglia d’argento al secondo settore più preso di mira dagli hacker va al manifatturiero, dove si concentra il 19% degli hackeraggi che hanno interessato il nostro Paese.
Seguono le organizzazioni (16%), l’edilizia (11%), e in misura minore, l’ICT e i settori energetico e finanziario.

Come difendersi?

Per non cadere nella rete dei malintenzionati è bene seguire alcune accortezze, a cominciare dall’uso di servizi VPN, che difendono la nostra rete domestica da connessioni indesiderate.
Ovviamente è importante anche scegliere con cura le password, modificandole saltuariamente, per impedire l’accesso ai dati. Ed è sempre bene installare gli antivirus sui sistemi operativi e mantenerli sempre aggiornati.

Inoltre, è bene effettuare frequenti backup dei dati, soprattutto quelli più sensibili, in modo da non essere ricattabili nel caso di furto di informazioni.

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Bonus colonnine per imprese e professionisti: spese rimborsate fino al 40%

Una misura che può dare un ‘boost’ alla mobilità elettrica, e che va oltre gli obblighi normativi imposti alle aziende, a cui spesso si chiede di dare buon esempio in materia di sostenibilità ambientale, sociale e di governance.
Si tratta del Bonus colonnine elettriche per imprese e professionisti, approvato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica
Aziende e professionisti che vorranno installare colonnine di ricarica elettrica potranno infatti accedere a un rimborso pari al 40% delle spese ammissibili, coperte a fondo perduto dal Fisco.
“Vogliamo accompagnare la crescita della mobilità elettrica nel Paese, già fortemente sostenuta dal PNRR”, commenta il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin.
Di fatto, gli incentivi statali giocano un ruolo fondamentale nella transizione ecologica, che viene così accolta dalle imprese come un’opportunità, e non solo come un onere.

Spese ammesse: dall’acquisto alla messa in sicurezza dell’impianto

Le spese ammissibili al Bonus colonnine riguardano acquisto e messa in opera delle colonnine, realizzazione degli impianti elettrici, opere edili strettamente necessarie all’installazione, impianti e dispositivi per il monitoraggio.
Saranno anche ammissibili, ma entro il 10% del costo globale, le spese per la connessione alla rete elettrica, la progettazione e la direzione dei lavori, il collaudo e la messa in sicurezza dell’impianto.
In ogni caso, potranno essere agevolate solo le spese oggetto di fattura elettronica.

La modalità di accesso non è la stessa per tutti

Le domande per accedere al Bonus colonnine per imprese e professionisti potranno essere compilate dal 26 ottobre, mentre l’invio delle richieste sarà possibile dal 10 novembre alle 17:00 del 30 novembre.
La modalità di accesso non è però la stessa per tutti i casi.
I professionisti (sempre) e le imprese che vogliano fare lavori entro il valore di 375.000 euro, o li abbiano già fatti dopo il 4 novembre 2021, dovranno compilare la domanda dall’apposita piattaforma sul sito di Invitalia.
Le imprese che faranno, o hanno già sostenuto dopo il 4 novembre 2021, lavori di valore pari o superiore a 375.000 euro dovranno inviare la domanda via Pec.

Un fondo da 87,5 milioni di euro

Invitalia, che gestisce la misura per conto del ministero, ha messo a disposizione il suo numero verde 800 77 53 97 e una scheda contatto online all’interno dell’area riservata sul sito per chiarire eventuali dubbi.
Il beneficio è rivolto a professionisti e imprese di qualunque dimensione, ma gli operatori economici che vorranno accedere a questa misura dovranno organizzarsi per non restare ‘a secco’.
Infatti, le risorse a disposizione sono 87,5 milioni di euro, di cui 8,75 milioni per i professionisti, 70 milioni per gli investimenti delle imprese inferiori a 375.000 euro, 8,75 milioni per gli investimenti delle imprese di valore pari o superiore a 375.000 euro.

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Generazione Z: chi sono i giovani che vogliono comprare casa?

La Generazione Z, composta da chi è nato tra la fine degli anni ’90 e i primi anni del 2000, sta conquistando sempre più rilevanza nel mercato immobiliare italiano. Secondo una recente Indagine condotta da Gruppo Gabetti in collaborazione con la società di ricerche Toluna, il 38% dei giovani italiani ha l’intenzione di comprare casa nei prossimi cinque anni.
Ma chi sono questi “nuovi” potenziali acquirenti? E quali sono i canali preferiti per trovare la loro futura dimora?

L’identikit dell’acquirente Z

Circa quattro giovani su dieci desiderano possedere una casa, mentre il 27% preferisce l’affitto. L’identikit dell’acquirente potenziale parla di una persona tra i 25 e i 30 anni, con un’occupazione stabile e che condivide la sua vita con qualcuno. Al contrario, coloro che prediligono l’affitto sono in genere più “piccoli” (20-24 anni), studenti e ancora convivono con i genitori o coinquilini.

I canali di ricerca preferiti 

L’analisi rivela che la maggior parte dei giovani ha già iniziato a esplorare il mercato immobiliare. Il 47% cerca offerte online, il 40% parla dei propri  progetti con amici e familiari, mentre il 38% si concentra su possibilità di risparmio e preferenze geografiche.
I canali digitali dominano la ricerca, con il 65% che utilizza siti web, app, blog e gruppi specializzati sui social network. Il 60% si affida ai consigli di amici e parenti, mentre il 46% utilizza i canali tradizionali come agenzie immobiliari, pubblicità e cartelloni.

L’Importanza delle agenzie immobiliari

Le agenzie immobiliari sono un elemento chiave nella ricerca della casa dei sogni. Il 52% di coloro che le hanno contattate considera l’agenzia fondamentale, in confronto al 35% di chi non l’ha fatto. Le agenzie svolgono un ruolo ancor più prevalente tra coloro che cercano di acquistare una casa (38%) rispetto a chi preferisce l’affitto (32%). In particolare, i giovani scelgono di rivolgersi agli agenti immobiliari perché li vedono come facilitatori del processo di acquisto, specializzati nella gestione delle complesse procedure burocratiche e dell’assistenza legale.

Nonostante l’attrattiva del canale digitale, la maggior parte dei giovani (60%) sente la necessità di una consulenza diretta da un esperto. Preferiscono avere a che fare con professionisti seri, fidati, empatici e attenti alle loro esigenze.

Conclusioni

La Generazione Z sta emergendo come un target di tutto rispetto nel mercato immobiliare italiano. Con il forte desiderio di avere una casa di proprietà nel futuro, questi giovani preferiscono canali digitali e agenti immobiliari per effettuare le loro ricerche.
Le agenzie immobiliari svolgono un ruolo cruciale, offrendo assistenza e competenza in un mercato spesso molto complesso. Interagire con dei professionisti è fondamentale per i clienti appartenenti a questa generazione, che cercano una guida affidabile nel processo di acquisto di una proprietà.

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Le donne manager italiane sono poche e stressate: perchè? 

Le manager italiane sono poche rispetto ai colleghi che ricoprono ruoli apicali, e sono più stressate. I grandi motivi di insoddisfazione sono tre, stipendi, carico lavorativo, difficoltà nel conciliare lavoro e vita privata. Se il numero delle manager è in aumento resta ancora lontano da quello degli uomini: ogni 3 manager 2 sono uomini, una è donna. Inoltre, secondo gli ultimi dati di Manageritalia il rapporto peggiora nei ruoli di maggiore responsabilità: su 5 dirigenti solo una è donna.
Lo studio dal titolo ‘Do satisfaction, gender issues, and financial inclusion impact Italian female managers?’, realizzato dalle economiste Rosella Castellano (Università Unitelma Sapienza di Roma), Jessica Riccioni (Università di Roma Tre) e Azzurra Rinaldi (Università Unitelma Sapienza di Roma), analizza la soddisfazione professionale delle donne manager italiane in relazione a vita lavorativa, personale e welfare per le famiglie.

Work-life balance: la prima causa di insoddisfazione

L’equilibrio tra vita lavorativa e personale, il work-life balance, è un problema per 4 manager su 10, ed è e la prima causa di insoddisfazione nella fascia 40-50 anni. Su questi dati incide il welfare italiano, ritenuto insufficiente soprattutto a fronte dell’enorme pressione fiscale.
Il sistema di welfare incide poi sulle scelte di vita delle manager. “La decisione di avere figli è legata alla presenza di servizi capillari e accessibili – spiega Azzurra Rinaldi al Corriere -. Al Nord, dove ci sono più servizi per bambini e anziani, il livello di soddisfazione è più elevato”.

La mole di lavoro è eccessiva e stressante

Inoltre, “c’è un sistema di valutazione interno alle aziende che spesso penalizza le figure apicali che si allontanano troppo spesso dall’ufficio, come nel caso della maternità”, aggiunge Rinaldi.
Spesso le lavoratrici, soprattutto in posizioni apicali, si trovano a dover scegliere tra essere brave mamme o brave manager, senza considerare il tempo da dedicare a sé stesse. Ma per una manager su 3, uno dei principali motivi di insoddisfazione lavorativa è la mole di lavoro, eccessiva e stressante, soprattutto per le over 50. A differenza di altri Paesi, in Italia “Abbiamo ancora una cultura novecentesca, di presenza fisica – continua Rinaldi -. Soprattutto al centro-sud tendiamo a stare molto a lavoro anche se questo non ci rende più produttivi, anzi”.

Stipendio insufficiente e gender pay gap

Il 17% delle manager dichiara di ricevere uno stipendio insufficiente o comunque più basso di quello dei colleghi, mentre 4 su 10 hanno subito il gap almeno una volta. Il 65% poi riscontra discriminazioni nelle carriere manageriali. Entrambe le tendenze sono più forti nelle piccole imprese, ma il problema non è solo italiano: “Nessun Paese ha superato il gender pay gap”, osserva Rinaldi. Insomma, a tutti i livelli, a parità di mansioni, qualifiche e tempo speso in azienda, le donne vengono pagate meno.
I numeri testimoniano però un miglioramento. A far ben sperare per il futuro, riporta Adnkronos, è soprattutto la maggiore sensibilità delle aziende giovani per il gender gap e in generale per le tematiche Esg.

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Professioni sanitarie, quali sono le più gettonate e come esercitarle?

Le professioni sanitarie in Italia comprendono una vasta gamma di lavori nel campo dell’assistenza sanitaria. Attualmente, ci sono 30 professioni sanitarie riconosciute dallo Stato italiano, organizzate in diversi ordini professionali. Per accedere a queste professioni, è necessario completare specifici percorsi di formazione e acquisire determinati requisiti.
La maggior parte delle professioni sanitarie richiede una laurea triennale o magistrale in un corso di studio specifico. Ad esempio, per diventare medico è necessario completare il corso di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia. Dopo la laurea, molte professioni sanitarie richiedono un periodo di tirocinio pratico e/o una specializzazione, durante il quale gli studenti acquisiscono esperienza pratica nel campo specifico e possono conseguire ulteriori qualifiche professionali.

Dopo la formazione e il tirocinio

Una volta completati i requisiti di formazione e tirocinio, è necessario iscriversi all’Ordine professionale competente per la professione scelta. Ad esempio, i medici devono iscriversi all’Ordine dei Medici. Le professioni sanitarie richiedono anche un costante aggiornamento delle competenze professionali attraverso la partecipazione a corsi di formazione continua. Ogni Ordine Professionale, che è un ente pubblico, ha funzioni di tutela e regolamentazione dell’esercizio delle professioni liberali regolamentate. Gli Ordini professionali sono responsabili di garantire l’adeguata formazione, competenza e condotta etica dei professionisti all’interno della rispettiva categoria. Essi regolamentano l’accesso alla professione, determinano le norme deontologiche e disciplinari e sorvegliano l’adempimento degli obblighi professionali. Nel caso delle professioni sanitarie, il Ministero della Salute esercita la vigilanza sugli Ordini provinciali e regionali e sulle relative Federazioni nazionali delle professioni sanitarie.

Si può esercitare anche con qualifica conseguita all’estero

È possibile esercitare l’attività sanitaria anche se si è cittadini italiani o stranieri che hanno conseguito la qualifica professionale all’estero, previo riconoscimento da parte del Ministero della Salute. Allo stesso modo, i cittadini italiani residenti all’estero possono esercitare l’attività sanitaria nel Paese ospitante, a condizione che la loro qualifica sia stata riconosciuta dall’Autorità competente del luogo in cui intendono lavorare.

Sono circa 30 le professioni riconosciute nel nostro Paese

Le professioni sanitarie riconosciute in Italia includono professioni infermieristiche ed ostetriche (infermieri e ostetrici), professioni della riabilitazione (fisioterapisti, podologi, logopedisti, ortottisti, terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, tecnici della riabilitazione psichiatrica, terapisti occupazionali ed educatori professionali), professioni tecniche (tecnici audiometristi, tecnici sanitari di laboratorio biomedico, tecnici sanitari di radiologia medica, tecnici sanitari di neurofisiopatologia, tecnici ortopedici, tecnici audioprotesisti, tecnici della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, igienisti dentali e dietisti), e professioni della prevenzione (tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro e assistenti sanitari).

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Il rallentamento economico riduce il numero di donne leader in azienda

Mentre il mondo continua a far fronte al rallentamento della crescita economica il tasso di assunzione di donne nei ruoli dirigenziali scende ai livelli del 2021. Secondo i dati di LinkedIn, pubblicati nel rapporto dedicato al Global Gender Gap del World Economic Forum 2023, negli ultimi 8 anni il tasso di assunzione di donne nei ruoli di leadership a livello globale è aumentato lentamente (circa 1% annuo), ma nel 2020 la pandemia ne ha frenato il progresso.
Nel 2022 e 2023 i mercati del lavoro globali hanno iniziato a rallentare, e il peso maggiore grava ancora una volta sulle carriere femminili, erodendo i passi avanti fatti negli ultimi due anni. 
Nel primo trimestre 2023 la percentuale di donne che ricoprono ruoli dirigenziali scende al 32%, tornando ai livelli registrati durante il 2020.

La leadership non è “rosa”

Il calo della presenza femminile nelle posizioni di leadership è determinato da un minor numero di assunzioni di donne in ruoli dirigenziali. 
I settori che registrano il calo maggiore sono servizi al consumo (-0,58%), sanitari e di assistenza (-0,42%) e settore immobiliare (-0,41%). E il calo maggiore di assunzioni di figure femminili senior si registra nei settori Tecnologia, Informazione e Media, e Servizi professionali (-4% rispetto al pre-2022).  Analogamente, i settori Entertainment Providers e Wholesale riducono la quota di donne assunte in ruoli di leadership del 3%. Si tratta di alcuni dei settori più colpiti dai licenziamenti, che potrebbero avere un ulteriore impatto a medio termine sul numero di lavoratrici che raggiungono posizioni di leadership.

Drop to the Top

Tutti i settori mostrano un Drop to Top, ovvero la misura in cui la rappresentanza femminile diminuisce ai livelli più alti. 
In media, la quota di donne nei ruoli di C-Suite scende al 25%, nonostante queste rappresentino quasi la metà delle posizioni entry-level. Ma alcuni settori fanno meglio di altri. Nel settore dei servizi al consumo il 57% delle posizioni di ingresso è occupato da donne, rispetto al 38% dei ruoli di leadership, in quello del commercio al dettaglio il 53% delle posizioni di ingresso è occupato da donne, rispetto al 36% delle posizioni di leadership, e nel settore dell’istruzione le donne rappresentano il 60% delle posizioni di ingresso e il 39% delle posizioni di vertice.

Numeri significativamente inferiori nei ruoli STEM

Anche se nel mondo ci sono più laureate in materie STEM non altrettante entrano poi nella forza lavoro. E se i ruoli STEM sono tra quelli più richiesti, quindi probabilmente più resistenti alle pressioni economiche, a livello globale le donne continuano a essere significativamente sottorappresentate (29%), dove 8 ruoli di leadership su 10 sono occupati da uomini. 
Il calo più netto nella rappresentanza femminile (7%) si verifica tra la laurea e l’ingresso nella forza lavoro STEM, per poi diminuire solo quando si inizia a scalare la leadership.
Ciò è vero in tutti i Paesi, ma il calo è molto più marcato in Austria, Paesi Bassi, Francia e Brasile.

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Blue Economy, in Italia conta 228.000 imprese

La Blue Economy in Italia conta ben 228.000 imprese, che offrono lavoro a quasi 914.000 persone e generano un valore aggiunto di 52,4 miliardi di euro. Considerando l’intera filiera diretta e indiretta, il valore arriva addirittura a 142,7 miliardi di euro. Si tratta di un settore in significativa crescita: tra il 2022 e il 2021, il numero di imprese legate al mare è aumentato dell’1,6%, le esportazioni sono cresciute del 37% e il valore diretto prodotto è aumentato del 9,2% tra il 2021 e il 2020. Questi sono alcuni dei dati presenti nell’XI Rapporto sull’Economia del Mare dell’Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare (OsserMare) di Informare con il Centro Studi Tagliacarne – Unioncamere.

L’Economia del mare vale 143 miliardi di euro

“L’Economia del Mare, considerando sia la componente diretta che quella indiretta, arriva a circa 143 miliardi di euro, corrispondenti a quasi il 9% del valore aggiunto complessivo, con una forza lavoro di circa 914.000 addetti”, sottolinea Antonello Testa, coordinatore nazionale di OsserMare. Durante la presentazione al 2° Summit Nazionale sull’Economia del Mare Blue Forum a Gaeta, Testa ha affermato che l’XI Rapporto Nazionale rappresenta uno strumento evoluto che permette di monitorare le dinamiche di questo importante settore marittimo in modo scientifico e inequivocabile. Aggiunge che conoscere i valori economici aggiornati dell’Economia del Mare è fondamentale per definire la strategia marittima della nazione.
“La Blue Economy si è dimostrata leader di resilienza e sviluppo nel nostro Paese”, afferma Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne. Nonostante la pandemia abbia colpito duramente settori come il turismo e la movimentazione di merci, la Blue Economy ha registrato un tasso di sviluppo del valore aggiunto del 9,2% nel 2021, superando il dato complessivo nazionale del 6,4%. Esposito anticipa un ulteriore sviluppo nel 2022, che permetterebbe di superare i livelli di prodotto del 2019 del 9%, grazie soprattutto ai risultati positivi della cantieristica e della logistica.

Sistema mare, crescono i servizi di alloggio e ristorazione

Tra i comparti che trainano il recupero del “Sistema mare”, escludendo l’industria delle estrazioni marine, si evidenziano i servizi di alloggio e ristorazione, che hanno registrato un aumento del valore del 22,1% tra il 2021 e il 2020. Seguono la cantieristica (+11,7%) e la filiera ittica (+8%). Tutti gli altri comparti presentano andamenti positivi, come le attività sportive e ricreative (+5,4%), le attività di movimentazione di merci e passeggeri via mare (+5,1%) e le attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale (+0,4%).
Oltre il 60% della ricchezza prodotta dal mare proviene dal Centro e Sud Italia. Nel 2021, l’economia del mare ha generato un valore aggiunto di 52,4 miliardi di euro, attivandone altri 90,3 miliardi nel resto dell’economia. In termini di “fare filiera”, la Blue Economy arriva a generare complessivamente 142,7 miliardi di euro, corrispondenti all’8,9% dell’intera economia nazionale. La ricchezza diretta prodotta dal Sistema mare ribalta la tradizionale dicotomia Nord-Sud, con il Centro che contribuisce per il 31,1% (oltre 16 miliardi di euro) e il Mezzogiorno per il 30% (oltre 15 miliardi di euro). Il Nord-Ovest rappresenta il 20,7% e il Nord-Est il 18,2%. La Liguria si distingue come la regione con il maggior peso della produzione dell’economia del mare sul totale regionale (11%).

Cantieristica al top per le esportazioni 

La cantieristica si conferma il settore trainante delle esportazioni, con una crescita del 40,7% nel 2022 rispetto al 2021, mentre l’intero export della Blue Economy registra un aumento del 37,4%. Per la prima volta dopo oltre un decennio, il saldo commerciale risulta positivo, con un avanzo di 1,9 miliardi di euro nel 2022 rispetto a un passivo di 1,6 miliardi nel 2021. La cantieristica accompagna l’aumento delle vendite all’estero con una significativa riduzione del valore delle importazioni (-58,6%).
L’economia del mare comprende un universo di 228.000 aziende nel 2022, corrispondenti al 3,8% del totale delle imprese italiane. Quasi una impresa su dieci nel settore marittimo è gestita da un giovane under 35 e oltre una su cinque da donne. Nel Mezzogiorno e nel Centro Italia si concentra più del 74% delle attività imprenditoriali del Sistema mare (rispettivamente il 48,4% e il 25,9%). Il Lazio è la regione con il maggior numero di aziende blu in Italia, con 35.241 unità, seguita da Campania (32.449) e Sicilia (28.640). Considerando l’incidenza delle imprese del mare sul totale del sistema imprenditoriale regionale, la Liguria si posiziona al primo posto con il 10,5%, seguita da Sardegna (7,2%) e Sicilia (6,0%).

Blue Economy, in Italia conta 228.000 imprese Leggi tutto »