Lo smart working rivoluziona anche gli spazi di lavoro?

Il lavoro da remoto ha cambiato in profondità, e in pochissimo tempo, il modo di lavorare di milioni di italiani. E anche oggi, sebbene la situazione sanitaria sia tornata quasi alla normalità, sono ancora sono ancora 3,6 milioni i lavoratori da remoto. Certo, i numeri sono inferiori di circa 500 mila unità rispetto al 2021, ma per l’immediato futuro è previsto un cambio di rotta. Come afferma la ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, infatti, le previsioni parlano di un graduale aumento del lavoro da remoto nel corso del 2023, fino a 3,63 milioni, grazie al consolidamento dei modelli di smart working nelle grandi imprese e a un’ipotesi di incremento nel settore pubblico. 

Risparmi per lavoratori e aziende 

Un altro dato interessante che emerge dal report, in tempi in cui le bollette energetiche stanno schizzando verso l’alto, è che lo smart working consente larghi margini di risparmio, da entrambe le parti. Secondo i calcoli dell’Osservatorio, un lavoratore che operi due giorni a settimana da remoto risparmia in media circa 1.000 euro all’anno per effetto della diminuzione dei costi di trasporto. Nella stessa ipotesi di due giorni alla settimana di lavoro da remoto l’aumento dei costi dei consumi domestici di luce e gas può incidere però per 400 euro l’anno riducendo il risparmio complessivo a una media di 600 euro l’anno. Lo smart working consente una riduzione dei costi potenzialmente più significativa per le aziende: consentire ai dipendenti di svolgere le proprie attività lavorative fuori della sede per 2 giorni a settimana permette di ottimizzare l’utilizzo degli spazi isolando aree inutilizzate e riducendo i consumi, con un risparmio potenziale di circa 500 euro l’anno per ciascuna postazione. Se a questo si associa la decisione di ridurre gli spazi della sede del 30%, il risparmio può aumentare fino a 2.500 euro l’anno a lavoratore.

I nuovi spazi di lavoro

Proprio il tema degli spazi è uno dei nodi più “caldi” della questione smart working. L’esperienza forzata del lavoro lontano dall’ufficio e la volontà di favorire il rientro, anche se parziale, delle persone nelle sedi ha accresciuto nelle organizzazioni la consapevolezza di dover realizzare azioni sugli spazi di lavoro per creare ambienti che motivino e diano un senso al lavoro in ufficio, supportando in modo efficace le attività che più si prestano a essere svolte in questo contesto. Il 52% delle grandi imprese, il 30 % delle PMI e il 25% della PA ha già effettuato degli interventi di modifica degli ambienti o lo sta facendo in questi mesi. In prospettiva futura queste iniziative sono previste o in fase di valutazione nel 26% delle grandi imprese, nel 21% delle PA e nel 14% delle PMI. Il ripensamento degli spazi che sappia tener conto del diverso modo di lavorare delle persone rispetto al pre-pandemia è fondamentale per favorire il rientro in ufficio che, nel 68% delle grandi imprese e nel 45% delle PA, ha incontrato resistenze da parte delle persone. L’evoluzione futura dei modelli di smart working prevede sostanzialmente lo stesso numero di giorni da remoto di quelli attuali. Ma si prevedono nuovi modelli di workplace con “spazi identitari” e finalizzati a favorire la collaborazione e l’interazione con colleghi e stakeholder prima ancora che il lavoro individuale, oltre che da una maggiore diffusione e capillarità di sedi sul territorio anche con l’utilizzo di ambienti terzi come business center e spazi di coworking.