Di tutto un pò…

La scelta del tavolo di design

Sicuramente avrai sentito parlare dei tavoli di design, degli arredi in grado di coniugare degli aspetti pratici e funzionali a delle forme artistiche raffinate per le quali spesso essi vengono percepiti come delle vere e proprie opere d’arte. Sicuramente un tavolo di design è una soluzione in grado di catturare gli sguardi di chi entra in casa tua e che regala inoltre un tocco di eleganza in più ad ogni ambiente. Esistono tavoli di design di ogni forma e dimensione chiaramente, realizzati con diversi tipi di materiali incluso il legno.

Scegliere il tavolo di design giusto

Il punto di riferimento per la scelta del tavolo di design è sicuramente quello relativo allo scopo principale di questo tipo di arredo, e dunque essere grande a sufficienza da poter contenere tutto il necessario per poter consumare i pasti o lavorare.

I tavoli di design in legno sono particolarmente eleganti e raffinati, mentre quelli in metallo o in vetro rappresentano il top dell’eleganza. Non c’è dunque un tavolo perfetto per tutti gli ambienti ma puoi scegliere in base a quello che è il tipo di ambiente che vuoi creare e soprattutto gli arredi già presenti nella stanza.

L’aspetto conviviale

Non dimenticare che principalmente il tavolo è l’elemento d’arredo che favorisce la convivialità dato che qui si mangia tutti insieme, ci si confronta e si fanno delle lunghe conversazioni. Certamente è anche possibile lavorare oppure poggiare degli oggetti, per cui tieni conto di queste cose quando scegli il tuo tavolo di design.

La stanza probabilmente più adatta in cui posizionarne uno è il soggiorno, ma esistono anche tavoli di design dalle dimensioni e forma adatta per inserirsi benissimo in un contesto quale quello della cucina. Qualsiasi sia l’ambiente in cui deciderai di inserire il tuo tavolo di design, avrai la certezza che questo andrà a fornire un importante contributo in termini di eleganza e creatività grazie alle sapienti mani dell’artigiano che lo avrà realizzato.

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Cittadini e imprese, ad aprile 2021 aumenta il clima di fiducia

Dopo alcuni mesi, arrivano segnali incoraggianti da parte dei consumatori e delle imprese: i due macrocomparti manifestano entrambi – finalmente – un buon incremento del clima di fiducia, il parametro dell’Istat per misurare “l’ottimismo” di aziende e cittadini. Ad aprile 2021, infatti, l’Istituto di Statistica stima un aumento dell’indice del clima di fiducia dei consumatori da 100,9 a 102,3 così come da parte delle imprese, passando da 94,2 a 97,3. Si tratta di segnali decisamente positivi, che rivelano come sia le persone sia le attività produttive e dei servizi riescano a cogliere i segnali di una vicina uscita dalla pandemia e di conseguenza un ritorno alla normalità e alla tanto desiderata ripresa sociale ed economica.

I consumatori vedono “rosa”

L’Istat segnala che tutte le componenti dell’indice di fiducia dei consumatori sono in aumento. Il clima economico e quello personale passano, rispettivamente, da 90,2 a 91,6 e da 104,5 a 105,9. Il clima corrente aumenta da 96,7 a 97,4 e quello futuro, che registra l’incremento più marcato, sale da 107,1 a 109,6. Si tratta di aumenti significativi, che fanno ben sperare per l’immediato futuro.

Crescita della fiducia in tutti i settori imprenditoriali

Per quel che riguarda le imprese, si registra un miglioramento della fiducia in tutti i settori osservati. In particolare, nell’industria manifatturiera l’indice sale da 101,9 a 105,4 e nelle costruzioni da 147,9 a 148,5. Nei servizi di mercato l’indice aumenta da 85,4 a 87,1 e nel commercio al dettaglio da 91,2 a 95,8 (grazie anche alle recenti riaperture, che hanno consentito di riprendere gran parte delle attività commerciali). Nell’industria manifatturiera migliorano tutte le componenti dell’indice di fiducia mentre nelle costruzioni si assiste ad un’evoluzione positiva solo dei giudizi sugli ordini.

Buone prospettive per i servizi

Per i servizi, l’aumento degli indici di fiducia è trainato dalle aspettative sugli ordini nei servizi di mercato e da quelle sulle vendite per il commercio al dettaglio. Tutte le altre componenti sono in peggioramento. Con riferimento ai circuiti distributivi del commercio al dettaglio, il miglioramento della fiducia è diffuso ad entrambi i circuiti analizzati ma con intensità diverse: nella grande distribuzione l’aumento è marcato (l’indice sale da 95,8 a 101,2) mentre nella distribuzione tradizionale è più contenuto (l’indice passa da 81,8 a 82,7). Insomma, ai “piccoli” la ripresa – stando alle rilevazioni – appare più lontana e difficile.

 

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La sostenibilità nell’era Covid-19

In questo periodo di pandemia globale e crisi economica la sostenibilità ambientale è ancora una priorità? La risposta è sicuramente sì: le richieste e le aspettative dei consumatori in fatto di pratiche più sostenibili da parte delle imprese sono sempre più alte. E non è più una questione di quando le imprese dovrebbero perseguire un’agenda per la sostenibilità aziendale, ma di come dovrebbero procedere. L’indagine Global Trends di Ipsos, condotta su 33 mercati, ha scoperto che l’attenzione per l’ambiente e per l’emergenza climatica è il primo valore che unisce le persone in tutto il mondo. Nel settembre 2020, a livello europeo, si è infatti riscontrato un aumento della percezione di un imminente disastro ambientale se le abitudini non cambiamo rapidamente.

Ciò che una volta era una missione aziendale ora è un imperativo commerciale

Insomma, il business as usual non è più praticabile. Come affermato al World Economic Forum di Davos, rappresentato dalle imprese di tutto il mondo, “Ormai tutti capiamo l’importanza di investire nella sostenibilità economica. Quella che una volta era considerata una missione aziendale per fare del bene sociale è ora un imperativo commerciale”.

Nell’agosto 2019, la Business Roundtable ha adottato una nuova Dichiarazione sullo scopo di una società che asserisce come le aziende non dovrebbero solo servire i loro azionisti, ma anche dare valore alle opinioni dei loro clienti, investire nei dipendenti, trattare equamente i fornitori e sostenere le comunità in cui operano.

Il Coronavirus avrà un impatto sulle priorità in termini di sostenibilità?

Per questo le aziende e le organizzazioni di tutto il mondo stanno ponendo una crescente attenzione alla costruzione di business più sostenibili sotto ogni profilo: ora la sostenibilità è la redditività a lungo termine di un’azienda. Ma il Coronavirus avrà un impatto sulle priorità in termini di sostenibilità? Ipsos sta monitorando l’opinione pubblica dal febbraio 2020, analizzando le priorità, le paure e i rischi, le implicazioni sanitarie e finanziarie, la fiducia nelle organizzazioni, fino ai comportamenti di acquisto dei consumatori. Il sentiment verso la sostenibilità, e il progresso sociale più in generale, sono stati un aspetto chiave della ricerca. E le ricerche condotte durante la pandemia hanno dimostrato che l’opinione pubblica è ancora molto attenta ai temi della sostenibilità sociale e ambientale e si aspetta che queste siano affrontate al più presto.

Privilegiare gli aspetti sociali rispetto alla crescita economica

Un recente studio condotto da Ipsos e dal Social Progress Imperative rileva che quando la pandemia sarà finita la maggioranza delle nazioni (53% a livello globale) sceglierebbe il miglioramento degli aspetti sociali rispetto alla crescita economica come priorità a lungo termine per il proprio paese. Non è sorprendente che le persone si aspettano che l’economia si riprenda al più presto, ma l’opinione pubblica in generale si aspetta che la ripresa non debba avvenire a spese del nostro pianeta. E se in questa era segnata dal Covid-19 emergono nuovi bisogni, la sostenibilità rimane rilevante e prioritaria.

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Soft skills del futuro: problem solving e visione strategica

Quali sono le soft skills del prossimo futuro? Comunicare efficacemente, esercitare la leadership, problem solving e visione strategica. In relazione all’acquisizione di nuove modalità operative, secondo le imprese le aree più soggette al cambiamento sono marketing e comunicazione (30%), commerciale e customer care (19%), hr e training (18%), It e security (13%), produzione logistica e acquisti (11%), ricerca e sviluppo (9%), amministrazione e finanza (5%), affari istituzionali e legali (5%). È quanto emerge da una ricerca curata da Performance Strategies, azienda per l’alta formazione aziendale, che ha evidenziato gli elementi necessari alle imprese per ripartire.

Garantire standard di serenità e fiducia alza il livello delle performance

In ogni caso, secondo le aziende intervistate dalla ricerca in futuro ci sarà ancora bisogno di organizzazione e visione del lavoro (92%), desiderio di apprendimento a tutti i livelli, (59%), urgenza di far fronte alle incertezze (35%) e preoccupazioni da esorcizzare (29%). Sicuramente poi ci sarà bisogno di leader capaci di ‘curare’, di essere presenti e vicini a dipendenti e clienti. Gli intervistati sostengono infatti che garantire standard di serenità e fiducia, anche nei momenti più critici, è ciò che mantiene alto il livello della performance. Gli imprenditori, i manager e in generale i leader dovranno perciò creare visione (25%), profondere coraggio (19%), dare fiducia (18%), ed esprimere umanità (12%).

Non esistono paradigmi permanenti

Le aziende interessate dall’indagine prefigurano quindi un imprenditore-manager-leader in grado di praticare il framing o il re-framing, ovvero la capacità di guidare le percezioni individuali o sociali, mettendo in cornice dati, situazioni, eventi, ma soprattutto sapendo rimotivare e risignificare gli stessi. Si tratta di dare un nuovo significato (sense-making) al lavoro, coltivando abilità essenziali come gestire gruppi a visione limitata, sempre più diffusi in questo periodo di turbolenze sociali ed economiche. Inoltre, si tratta di possedere stili di leadership e apprendimento capaci di leggere qualsiasi tipo di informazione contestualizzando il tutto e mettendolo in discussione, consapevoli che non esiste alcun paradigma permanente, riporta Labitalia.

Il ruolo centrale della formazione nel processo di re-skilling di massa

Tra le abilità da apprendere, i manager evidenziano come fondamentale spingere all’innovazione sostenibile e alla comunicazione trasparente, co-costruire le decisioni con una forte interazione orizzontale e verticale, e assicurare coerenza valoriale. La ricerca evidenzia poi il ruolo centrale della formazione nel processo di re-skilling di massa. I programmi formativi dovranno essere sempre più orientati a potenziare e migliorare le qualità della relazione con clienti e collaboratori, mettendo al centro i valori che generano fidelizzazione, e che insieme alle soft skills favoriscono una maggiore agilità nei nuovi contesti lavorativi.

Da sottolineare le modalità con cui la formazione verrà erogata: le aziende intervistate propendono per un tipo di formazione ‘phygital’, ossia fisica e digitale (59%), che consenta nuovi metodi di apprendimento.

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Tecnologia: quali saranno i trend nel 2021?

Crisi da Covid-19, accelerazione del digitale, mutamenti nelle abitudini, quotidiane e in ambito lavorativo. In un contesto di incertezza economica, ma di fiducia nel contributo di nuove soluzioni e strumenti tecnologici, quali saranno i trend principali della tecnologia nel 2021? Telemedicina, cloud, sport femminile e informazione sul 5G: sono questi i trend in crescita per il nuovo anno secondo la ventesima edizione del report di Deloitte dal titolo TMT Predictions, che analizza le tendenze di tecnologia, media e telecomunicazioni che potrebbero influenzare consumatori e aziende nei prossimi mesi.

Telemedicina, soluzioni virtuali per medici e pazienti

“È ormai sotto gli occhi di tutti che la pandemia ha portato con sé un’accelerazione tecnologica senza precedenti – afferma Andrea Laurenza, TMT Industry Leader, Deloitte Central Mediterranean – soprattutto in Italia”.

Secondo lo studio uno dei trend innescati da Covid-19 a livello globale è stato il ricorso alla telemedicina, prime fra tutte le visite mediche effettuate tramite video. Oltre ad aver reso necessario l’abbattimento di alcune barriere normative, i pazienti sono stati spinti infatti a comprendere e utilizzare le app di videochiamata, soprattutto gli ultrasessantenni. Lo studio di Deloitte prevede quindi che la percentuale di medici e pazienti disposti ad adottare soluzioni virtuali nel 2021 salirà al 5% a livello globale, rispetto all’1% stimato nel 2019.

La pandemia rafforza il mercato del cloud e quello degli sport femminili

Una seconda tendenza evidenziata da Deloitte è l’adozione del cloud. Lockdown e lavoro da remoto hanno infatti accelerato la crescita di questo mercato, che nel 2020 ha registrato tassi più elevati rispetto al 2019, e tra il 2021 e il 2025 si prevede che l’aumento dei ricavi rimarrà superiore al 30%. Gli eventi sportivi, invece, tra annullamenti, spostamenti e assenza di pubblico, nel 2020 sono stati condizionati., anche se secondo lo studio sono rimaste intatte le prospettive di crescita. Soprattutto in due direzioni, la maggiore capitalizzazione degli sport femminili e l’utilizzo delle tecnologie digitali per allenarsi, riporta Agi. Nei prossimi anni, prevede Deloitte, il mercato degli sport femminili supererà il miliardo di dollari, grazie a una crescente capacità di attrarre il pubblico televisivo e gli sponsor.

Capitalizzare i cambiamenti per ottimizzare il rilancio socio-economico

“Anche se persistono alcune resistenze, come nel caso del 5G, il nostro Paese sta vivendo un incremento dell’alfabetizzazione digitale, sia a livello di consumatori sia di aziende – spiega ancora Laurenza – ed è fondamentale capitalizzare questi cambiamenti per ottimizzare il rilancio socio-economico post Covid”. Le bufale sui danni del 5G sono però dure a morire. Soprattutto in Italia, che tra i Paesi analizzati da Deloitte è penultimo per conoscenze sulle nuove tecnologie di rete. Sarebbe quindi necessario “un tempestivo e adeguato piano di informazione – aggiunge Laurenza – che educhi i consumatori affinché vengano opportunamente arginate le paure” relative al nuovo standard di trasmissione dati.

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Dieci previsioni sulla cyber sicurezza per il 2021

Nel 2021 i cybercriminali approfitteranno della paura legata all’emergenza sanitaria e alla crisi economica, ma anche al ricorso sempre più massiccio allo smart working e all’implementazione di nuove tecnologie per sferrare i loro attacchi. Nel 2021 gli hacker sfrutteranno infatti i nuovi strumenti di automazione per estrarre dati specifici delle vittime dai social media e le pagine web aziendali. Il Threat Lab di WatchGuard ha stilato 10 previsioni sulla sicurezza informatica per il 2021, di cui la prima è una crescita a livello globale delle campagne di spear phishing.

Ma il 2021 sarà anche l’anno in cui i provider di hosting cloud come Amazon, Google e Microsoft inizieranno a reprimere il phishing e altre attività malevole. Questa infatti è la seconda previsione degli esperti di WatchGuard.

Attacchi mirati ai dipendenti in smart working

Secondo gli esperti poi nel 2021 i criminali informatici cambieranno strategia e invece di colpire direttamente un’organizzazione o un’azienda cominceranno a sferrare attacchi mirati ai dipendenti in smart working. Inoltre, gli esperti prevedono che smart charger e “homebrew” apriranno la strada a violazioni di smart car, impedendone la ricarica finché non si paga il riscatto, oppure installando software non autorizzato per bypassare i controlli di sicurezza.

Gli utenti chiederanno di regolamentare la privacy degli smart device

Gli smart device come Alexa o Siri guardano e ascoltano tutto ciò che accade nelle nostre case, e alcuni dispositivi wearable tracciano e rilevano parametri di salute critici. Se a ciò si aggiungono gli algoritmi di machine learning (ML) è chiaro che le aziende di noi sanno tutto. Nel 2021 gli utenti inizieranno quindi a chiedere ai legislatori di regolamentare le aziende produttrici di dispositivi IoT affinché proteggano la loro privacy. Nel 2021 WatchGuard prevede anche il raddoppio di attacchi informatici contro RDP, VPN e server di connessione remota mediante l’uso di credenziali rubate, exploit e attività brute-force vecchio stile. Inoltre, gli esperti si aspettano che i criminali cerchino falle di sicurezza significative nei vecchi sistemi operativi come Windows 7, nella speranza di sfruttare endpoint legacy su cui gli utenti non possono facilmente applicare patch.

Ogni servizio senza MFA subirà una violazione

Con la prevalenza di attacchi alle procedure di autenticazione automatizzati WatchGuard prevede poi che nel 2021 ogni servizio per cui non sia stata abilitata l’MFA subirà una violazione, o una compromissione degli account. Gli esperti si aspettano anche molte campagne di phishing e social engineering, che sfrutteranno la paura e il senso di incertezza dovuti alla pandemia. E si potrebbe assistere anche a un aumento di attacchi di spear phishing verso i membri della famiglia di un dipendente. Se il criminale riesce a inserire il proprio malware sulla rete domestica ha infatti maggiori possibilità di arrivare al computer aziendale.

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Prime Day di Amazon, record di vendite per le Pmi globali

Record di vendite per la due giorni di sconti di Amazon, che quest’anno a causa dell’emergenza Covid-19 si è tenuta a ottobre invece che, come di consueto, a luglio. Il Prime Day ha fatto infatti registrare un boom di vendite per le piccole e medie imprese globali. E proprio a causa del Covid-19 quest’anno tra le merci più vendute figurano una serie di prodotti legati al contrasto della pandemia, come i dispositivi di protezione personale e i disinfettanti.

Soprattutto in Italia, l’unico Paese in cui le mascherine sono state tra i tre prodotti più venduti, mentre altri Paesi hanno scelto di acquistare maggiormente prodotti per l’igiene personale e per disinfettare le superfici. Lo ha confermato la società di Seattle, fornendo l’elenco delle merci più gettonate in ognuno dei 19 Paesi coinvolti dall’iniziativa.

Oltre 3,5 miliardi di dollari

Quest’anno Amazon sta investendo 18 miliardi di dollari per supportare le Pmi e ha progettato questo Prime Day anche per dare ulteriore supporto alle piccole e medie aziende attraverso una promozione che ha contribuito a generare 900 milioni di dollari di vendite per durante le due settimane precedenti al Prime Day, la due giorni con i migliori risultati di sempre per i partner di vendita, riferisce La Stampa.

“Siamo entusiasti che il Prime Day sia stato un evento da record per le Pmi in tutto il mondo, con vendite che hanno superato i 3,5 miliardi di dollari, un aumento di quasi il 60% rispetto allo scorso anno”, ha commentato Jeff Wilke, Ceo Worldwide Consumer di Amazon, in un comunicato ufficiale, aggiungendo: “Siamo orgogliosi che i clienti Amazon Prime abbiano risparmiato più di 1,4 miliardi di dollari e non vediamo l’ora di offrire maggiori opportunità di crescita ai nostri partner di vendita e ai clienti per risparmiare durante le festività natalizie”.

Sul podio italiano Fifa 21, capsule Caffè Borbone Respresso e Mascherina Ffp2

Quanto ai prodotti più acquistati durante il Prime Day in Italia il nostro Paese è l’unica nazione dove la mascherina è tra i tre prodotti più comprati, mentre altrove si è registrato un boom per i prodotti disinfettanti. In ogni caso, nel nostro Paese al primo posto dei prodotti più venduti c’è il videogame Fifa 21 per PlayStation 4, seguito dalle capsule Caffè Borbone Respresso e appunto le Mascherina Ffp2 Jiandi.

Echo Dot e iRobot Roomba i più venduti nel mondo

Guardando agli oggetti più desiderati nel mondo è l’Echo Dot, ovvero il più economico degli smart speaker di Amazon, il bestseller più venduto a livello globale Echo Dot, seguito dall’iRobot Roomba, anche se la classifica varia da Paese a Paese. Tra gli altri prodotti che hanno visto una crescita esponenziale di acquisti per via della pandemia, il gel disinfettante per le mani si piazza secondo in Belgio e terzo in Lussemburgo, mentre in Olanda sono seconde le salviette per igienizzare le mani. E in Brasile e in Messico entrano in classifica i disinfettanti multiuso, riporta Ansa

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Milano è la città più circolare d’Italia

La città più circolare d’Italia è Milano, seguita sul podio da Trento e Bologna. La conferma arriva dalla seconda edizione della classifica dei centri urbani più virtuosi sul piano dell’economia circolare, l’economia all’insegna dell’eco-sostenibilità, basata sul riutilizzo delle risorse e la riduzione degli sprechi.

Stilata dai ricercatori del Cesisp, il Centro studi in Economia e regolazione dei servizi, dell’industria e del settore pubblico dell’Università di Milano-Bicocca, quest’anno la classifica ha ampliato il numero delle città coinvolte, salite da 10 a 20, e ha introdotto un confronto con le metropoli europee.

“Milano si conferma al primo posto anche grazie a sistemi di trasporto pubblico ramificati e apprezzati, servizi avanzati di car sharing, rete idrica efficiente, elevato livello di raccolta differenziata e alto fatturato delle attività di vendita dell’usato”, spiegano Massimo Beccarello e Giacomo Di Foggia, rispettivamente direttore scientifico e ricercatore del Cesisp.

Ultime Catania e Palermo

I ricercatori hanno individuato cinque cluster rappresentativi (input sostenibili, condivisione sociale, uso di beni come servizi, end of life, estensione della vita dei prodotti) comprendenti a loro volta 28 indicatori di circolarità. Come nella prima edizione al primo posto è risultata appunto Milano, riporta La Repubblica, città più circolare d’Italia con un punteggio di 7,7 su 10.. Seconda Trento (7,5) e terza Bologna (7,2).  Se le prime 10 città classificate si collocano geograficamente al Nord o Centro-Nord, le ultime posizioni sono coperte da centri urbani del Sud Italia, con Catania (3,8) e Palermo (3,9) fanalini di coda.

Copenaghen, Parigi, Berlino sul podio europeo

Le uniche città del Nord Italia ad avere un punteggio al di sotto della sufficienza sono Genova (5,8 punti), Verona (5,7 punti) e Aosta (5,2 punti). Sul piano internazionale il Cesisp ha messo a confronto Milano con altre grandi metropoli europee (Amsterdam, Berlino, Bruxelles, Copenaghen, Londra, Madrid, Parigi e Praga), utilizzando gli stessi criteri di analisi usati per il contesto italiano.

La città più circolare d’Europa è risultata Copenaghen con un punteggio medio di 3,26 su 5, al secondo posto Parigi (3,21) e al terzo Berlino (3,18).  Milano è quarta in Europa, con un punteggio medio di 3,13, lasciandosi alle spalle, tra le altre, Londra e Madrid (sesta e settima).

“Uno strumento di utile valutazione per le politiche ambientali”

“L’intento della classifica delle città circolari è di proporre l’indice di circolarità urbana sviluppato come strumento di utile valutazione per le politiche ambientali dei centri urbani e per l’impatto delle nuove normative e regolamenti – aggiungono Beccarello e Di Foggia -. La Commissione Europea, presentando l’ambizioso progetto Green New Deal lo scorso gennaio, ha collocato l’economia circolare al centro delle nuove politiche europee necessarie per raggiungere gli obiettivi che l’Europa ha sottoscritto a Parigi nel 2015. La sostenibilità è un tema al centro anche del Recovery Fund. Ecco perché è importante partire da una mappatura delle politiche di prossimità del cittadino e da una misurazione dell’efficacia delle aree urbane, che sono oggi il motore dello sviluppo economico e sociale”.

 

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A maggio il commercio con l’estero torna a crescere

La rilevazione Intrastat stima per maggio 2020 un aumento congiunturale per entrambi i flussi commerciali con l’estero. Decisamente elevata per le esportazioni (+35,0%) la crescita è invece più contenuta per le importazioni (+5,6%). Il netto incremento su base mensile dell’export è dovuto ai forti aumenti delle vendite sia verso i mercati extra Ue (+36,5%) sia verso l’area Ue (+33,7%). Ma nel trimestre marzo-maggio 2020, malgrado la crescita nel mese di maggio, la dinamica congiunturale è condizionata dai forti cali dei mesi precedenti, ed è ampiamente negativa sia per l’export (-29,0%) sia per l’import (-27,7%).

Su base annua flessione per import ed export

Su base annua a maggio 2020 l’export segna infatti una flessione marcata (-30,4%), ma in evidente attenuazione rispetto ad aprile (-41,5%), che coinvolge sia l’area extra Ue (-31,5%) sia quella Ue (-29,4%). Rispetto alle esportazioni, la contrazione delle importazioni (-35,2%) è più ampia e sintesi dei cali degli acquisti da entrambi i mercati (-38,2% dai Paesi extra Ue, -32,9% dall’area Ue).

Secondo le rilevazioni Intrastat sono tutti i principali settori di attività economica a contribuire alla flessione tendenziale dell’export.

I prodotti e i Paesi che contribuiscono alla contrazione delle esportazioni

I contributi maggiori alla flessione dell’export derivano da macchinari e apparecchi n.c.a (-29,9%), metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (-24,4%), articoli sportivi, giochi, preziosi, strumenti musicali e medici e altri prodotti n.c.a. (-57,8%), altri mezzi di trasporto, autoveicoli esclusi (-38,9%), articoli in pelle, escluso abbigliamento, e simili (-45,7%), articoli di abbigliamento, anche in pelle e in pelliccia (-49,0%) e autoveicoli (-46,2%). Su base annua, i Paesi che contribuiscono maggiormente alla caduta dell’export sono Francia (-33,8%), Germania (-23,0%), Stati Uniti (-26,8%), Spagna (-39,6%) e Regno Unito (-35,5%).

Diminuiscono i prezzi all’importazione

Nei primi cinque mesi del 2020 la flessione tendenziale dell’export (-16,0%) è dovuta in particolare al calo delle vendite di macchinari e apparecchi n.c.a. (-22,4%), metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (-14,9%), autoveicoli (-34,5%) e articoli in pelle, escluso abbigliamento, e simili (-30,4%). A maggio 2020 si stima che il saldo commerciale aumenti di 199 milioni di euro, passando da +5.385 milioni a maggio 2019 a +5.584 milioni a maggio 2020. Al netto dei prodotti energetici il saldo è pari a +6.603 milioni di euro (era +8.777 milioni a maggio 2019). Nel mese di maggio 2020 si stima che i prezzi all’importazione diminuiscano dello 0,1% su aprile 2020, e dell’8,6% su base annua.

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Automotive, un settore in ripartenza: crescono le ricerche online, l’ibrido la soluzione preferita

Gli italiani hanno ricominciato a muoversi con maggiore libertà e così, dopo mesi di forzato stop, anche il mercato dell’Automotive sta ricominciando a mettersi in moto. Ma cosa è cambiato, se è cambiato, nelle scelte dei nostri connazionali rispetto all’automobile? Quali sono le modalità di viaggio preferite e i veicoli maggiormente scelti? Alle domande risponde l’analisi condotta da GfK  Sinottica dedicata proprio alla nuova mobilità. In particolare, dall’indagine emerge che tra gli italiani resiste una certa diffidenza verso il trasporto pubblico e in sharing, mentre sono in crescita i mezzi di trasporto individuali. Secondo i dati del GfK Covid-19 Tracking, 1 italiano su 3 ha dichiarato di avere intenzione di incrementare l’utilizzo dell’auto privata rispetto a prima dell’emergenza Coronavirus. E, ovviamente, questo aspetto fa mutare sensibilmente anche il mercato dei mezzi di trasporto.

Gli italiani acquisterebbero l’auto in rete

Ora che la mobilità è ripresa e l’utilizzo dei mezzi pubblici è vissuto con cautela e diffidenza, gli italiani hanno ricominciato a cercare informazioni sul mondo dell’auto. Dall’inizio della Fase 2, infatti, la navigazione su siti Automotive registra un +34% rispetto al periodo del lockdown. Ciò significa che i nostri connazionali stanno ritrovando interesse per il mondo dell’automobile, seppur con delle differenze rispetto al passato. “Una delle tendenze più marcate della fase di ‘new normal’ che stiamo vivendo è la forte accelerazione della digitalizzazione in tutti gli strati della popolazione italiana (Baby Boomer compresi) e una diffusione capillare dell’e-commerce” spiega l’analisi. Questa tendenza si riflette sul mondo Automotive, tanto che ben il 50% degli automobilisti prenderebbe in considerazione l’idea di acquistare un’auto su Internet, se fosse possibile. Un dato che potrebbe crescere ancora nel 2020, considerato il salto in avanti compiuto da ampi strati della popolazione in fatto di digitalizzazione e la possibilità sempre più concreta di conquistare nuovi spazi con eventi digitali dedicati al settore auto.

Meno diesel, stabile la benzina, sale l’ibrido

La pausa di riflessione che il coronavirus ci ha imposto ha forse fatto riflettere maggiormente gli automobilisti anche sulla tipologia di auto che preferirebbero adottare. Si scopre così che i “piloti” italiani dichiarano di preferire sempre meno l’alimentazione Diesel. Pur raccogliendo ancora molti consensi, tra il 2015 e il 2019 il motore Diesel ha fatto registrare un -27% nelle dichiarazioni di preferenza degli automobilisti. Stabile il Benzina, mentre cresce in maniera esponenziale il motore Ibrido (benzina + elettrico), che in soli quattro anni (tra il 2015 e il 2019) ha visto un aumento del +74% nelle preferenze dichiarate. In generale, diventano sempre più rilevanti le caratteristiche ecologiche.

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