Di tutto un pò…

Smartwatch: quali sono le caratteristiche che guidano la scelta d’acquisto?

Secondo lo Smartwatch Market Insight Report di Huawei in media occorrono circa tre settimane per scegliere lo smartwatch ‘giusto’. Un dato che prescinde dalla fascia di prezzo, poiché il costo è solo uno degli aspetti da valutare. Lo smartwatch è divenuto ormai un ‘must’ tra gli accessori high-tech. Non stupisce quindi come le ricerche per individuare quello più adatto alle esigenze personali siano spesso lunghe e laboriose. Ma dove, e come, cercare questo dispositivo indossabile simile a un normale orologio da polso ma con tante funzionalità in più? Oltre al classico ‘passaparola’ gli utenti si rivolgono ai portali specializzati, come Recensioniorologi.it, dove possono reperire schede e recensioni ricche di informazioni utili a individuare i migliori smartwatch sul mercato per prezzo, funzionalità e prestazioni. 

Aggiornamento tecnologico e facilità di utilizzo

Sulla base del Report di Huawei il costo sembra essere un fattore secondario, sia per i cosiddetti ‘power user’ sia per l’acquirente medio, interessato anche ad aspetti secondari come vestibilità, design o l’appeal del brand. Le caratteristiche che sembrano interessare maggiormente i potenziali acquirenti sono l’aggiornamento tecnologico e la facilità di utilizzo. I futuri utilizzatori tendono infatti ad accertarsi che il dispositivo sia equipaggiato con un software recente, meglio se compatibile con il sistema operativo del proprio smartphone. Non meno importante è la qualità costruttiva. In genere riscuotono maggior successo i prodotti di qualità, solidi e resistenti. Non a caso, il 67% degli intervistati menziona la resistenza all’acqua come una delle caratteristiche imprescindibili.

Design e vestibilità

Le prerogative tecnologiche e costruttive di uno smartwatch fanno il paio con preferenze di carattere strettamente personale. Pertanto, è difficile circoscrivere un range di prodotti ‘ideali’, dal momento che molte caratteristiche di ciascun device possono intercettare il gusto di una nicchia più o meno ampia di pubblico. Da questo punto di vista, forma e dimensioni del quadrante, design e vestibilità del cinturino sono discriminanti tutt’altro che secondarie. Il 55% dei possessori di smartwatch di fascia alta (valore di mercato superiore ai 250 euro) dichiara infatti di avere a disposizione cinturini di ricambio da scegliere in base al contesto di utilizzo, mentre il restante 45% cambia il cinturino solo quando si rompe.

Quadrante, watchface e funzionalità

Per quanto riguarda il quadrante grande attenzione viene rivolta al design, non solo in termini di forma e dimensioni, ma anche in relazione alla watchface. La tendenza a cambiarla con regolarità risulta maggiore tra i possessori di device di fascia alta (prezzo superiore ai 200 euro) rispetto a quelli che utilizzano modelli più economici. Inoltre, rientrano tra i parametri di scelta anche le funzionalità. Una buona percentuale di utenti non va molto oltre quelle base, come connettività con smartphone e monitoraggio delle funzioni fisiologiche durante l’attività sportiva. Ma in fase di scelta le funzionalità rappresentano un fattore spesso decisivo per l’acquisto di un prodotto al posto di un altro.

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Lombardia, nel 2022 la bolletta del gas a 1.639 euro

Che il 2022 sia stato l’anno della stangata per quanto riguarda i consumi domestici non è una novità. Ma quanto hanno speso in più i lombardi a seguito dell’aumento del gas e dell’elettricità? A questa domanda risponde un ‘analisi di Facile.it, e i conti sono davvero impressionanti. A parità di consumi, secondo l’analisi, le famiglie residenti in Lombardia con contratto di fornitura nel mercato tutelato, nel 2022 hanno speso per la sola bolletta elettrica 1.375 euro, vale a dire il 108% in più rispetto al 2021, e 1.639 euro per il gas (+57%). Complessivamente, quindi, tra luce e gas, nel 2022 gli abitanti della Lombardia hanno sborsato, mediamente, 3.014 euro a famiglia (rispetto ai 1.703 euro del 2021). Per quanto riguarda la fornitura di gas, la Lombardia si conferma la terza regione italiana più “tartassata” alle spalle di Trentino-Alto Adige ed Emilia Romagna.

Ottimismo per l’anno in corso

“Con il nuovo anno abbiamo assistito a buoni segnali sia per il costo dell’energia elettrica che per il gas” spiega Mario Rasimelli, Managing Director Utilities di Facile.it. “Non bisogna, però, abbassare la guardia ed è bene continuare a monitorare i propri consumi e controllare periodicamente le offerte presenti sul mercato così da identificare eventuali possibilità di risparmio”.

Le province che hanno pagato di più l’energia elettrica

Per quanto riguarda l’energia elettrica ed analizzando i dati su base provinciale, al primo posto si posiziona Mantova, area dove il consumo medio a famiglia rilevato nel 2022 è stato pari a 3.352 kWh che, considerando le tariffe dello scorso anno in regime di tutela, corrisponde ad un costo di 1.633 euro; seguono Cremona (1.543 euro, 3.166 kWh), Brescia (1.520 euro, 3.119 kWh) e Lodi, provincia dove sono stati messi a budget, mediamente, 1.475 euro per un consumo medio rilevato di 3.028 kWh. Più in basso nella graduatoria ci sono Pavia (1.458 euro, 2.993 kWh), Como (1.438 euro, 2.952 kWh), Varese (1.433 euro, 2.942 kWh) e Bergamo (1.382 euro, 2.836 kWh). Valori inferiori alla media regionale per Monza e Brianza, dove il costo della bolletta elettrica è stato di 1.362 euro (2.796 kWh), Lecco (1.344 euro, 2.759 kWh) e Sondrio (1.280 euro, 2.627 kWh) Chiude la classifica Milano che, nel 2022, ha rilevato i consumi più bassi della regione (2.598 kWh) e quindi la bolletta più “leggera” (1.266 euro).

E quelle con la bolletta del gas più pesante

Al primo posto tra le province più care della Lombardia si posiziona Como, dove il consumo medio a famiglia di gas è stato di 1.510 smc per un costo complessivo di 1.931 euro. Seguono Lecco (1.908 euro, 1.492 smc), Varese (1.900 euro, 1.486 smc) e Pavia (1.862 euro, 1.456 smc). Continuando a scorrere la classifica regionale troviamo Mantova (1.833 euro, 1.433 kWh), Cremona (1.719 euro, 1.344 kWh) e Lodi (1.661 euro, 1.299 kWh). Valori inferiori alla media lombarda per Monza e Brianza (1.634 euro, 1.278 smc), Brescia (1.588 euro, 1.242 smc) e Sondrio, 1.576 euro (1.232 smc). Chiudono la classifica Bergamo (1.549 euro, 1.211 smc) e, ancora una volta, Milano, dove sono stati messi a budget per il gas 1.444 euro (1.129 smc).

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Il conto corrente costa troppo: 4 italiani su 10 cambiano banca

Tra le voci di costo che pesano sulle tasche degli italiani c’è anche quella relativa al conto corrente. Proprio così: anche per depositare i propri soldi in banca occorre preventivare una spesa maggiore rispetto l’anno scorso. In base a una recentissima analisi di Facile.it, realizzata sull’Indicatore dei Costi Complessivi (ICC) dei conti offerti da sei primari istituti bancari, rispetto al 2022 i prezzi sono aumentati tra l’8% e il 26%, con costi compresi fra i 28 e i 154 euro annui. Non è poco.

Allora si trasloca

E’ questa la ragione che ha spinto moltissimi italiani a cambiare istituto di credito. Il dato è confermato dall’indagine che Facile.it ha commissionato agli istituti mUp Research e Norstat da cui è emerso che, nell’ultimo anno, il 15,1% dei correntisti, pari a 5,6 milioni di individui, ha detto di aver cambiato conto corrente e, tra questi, 4,4 milioni hanno dichiarato di averlo fatto a causa dell’eccessivo costo. 

Le ragioni del cambiamento

Guardando più nello specifico alle motivazioni che hanno spinto gli italiani a cambiare conto corrente emerge che il 53,2% lo ha fatto perché giudicava troppo alto il canone annuo base (si arriva fino al 59,1% nella fascia 25-34 anni ed al 56,3% al Sud e nelle Isole); il 31,5% perché riteneva eccessivo il costo delle singole operazioni (41,4% nella fascia 35-44 anni e 34,9% al Sud e nelle Isole) ed il 25% perché i costi (fissi o variabili) avevano subito aumenti eccessivi nel corso dell’anno.
Altra ragione di cambiamento è stata la qualità del servizio: il 21,6% ha dichiarato di aver lasciato il proprio conto perché il servizio offerto non era all’altezza, l’11,1% non riteneva valido l’home banking, mentre il 9,7% ha cambiato perché il conto non era dotato di funzionalità digitali.

Cambio conto: attenzione agli addebiti

La portabilità, vale a dire la possibilità di trasferire i servizi di pagamento dal proprio conto a quello di un altro istituto di credito, è un diritto normato dalla legge; il passaggio è gratuito e prevede una procedura semplificata che deve essere completata dalla banca entro 12 giorni lavorativi dalla sottoscrizione della richiesta e, in caso di ritardo, è prevista una penale a carico dell’istituto di credito. Eppure, come emerso dall’indagine commissionata da Facile.it, i contrattempi non mancano; tra coloro che al momento del cambio avevano spese domiciliate su conto vecchio quasi il 34% (pari ad oltre 1,5 milioni di individui) ha avuto problemi nel trasferire le domiciliazioni su quello nuovo.
La percentuale cresce in maniera davvero importante se si isola il solo campione del Meridione; nel Sud e Isole il 33,7% nazionale diventa addirittura il 44,9%, praticamente quasi un titolare su due.

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Nel 2022 creati 412mila posti di lavoro a tempo indeterminato 

Notizie positive sul fronte dell’occupazione. Il 2022 si chiude con un saldo positivo tra assunzioni e cessazioni (382mila unità), sebbene inferiore a quello del 2021 (602mila). Si tratta comunque di un risultato soddisfacente, se confrontato con il dato del 2019 (308mila), prima cioè dell’emergenza sanitaria. Questi dati sono contenuti nella nota congiunta di gennaio sul mercato del lavoro, a cura di Ministero del lavoro, Banca d’Italia e Anpal.

Stabile l’incremento della domanda di lavoro

L’incremento della domanda di lavoro è rimasto sostenuto fino all’inizio dell’estate, trainato soprattutto dal turismo, per poi rallentare a causa soprattutto dell’indebolimento del settore delle costruzioni. Nella manifattura le attivazioni nette sono state superiori a quelle del 2021: in questo settore la creazione dei posti di lavoro è proseguita a tassi sostanzialmente costanti anche negli ultimi due mesi dell’anno, nonostante il rallentamento nei comparti a maggiore intensità energetica.
Nel complesso è da segnalare il saldo positivo dei rapporti di lavoro dipendente a tempo indeterminato sottoscritti nel 2022 (+412mila), che ha beneficiato del gran numero di trasformazioni determinate dal consolidamento della ripresa nella prima parte dell’anno, mentre è sostanzialmente stabile il saldo dei rapporti a termine (+23 mila) ed è diminuito il ricorso all’apprendistato (-53mila).

L’occupazione femminile cresce a ritmi minori

In un contesto tutto sommato positivo, ci sono però delle note dissonanti. In particolare quella riferita all’occupazione delle donne. Nel 2022 la crescita dell’occupazione femminile è stata inferiore a quella maschile: i saldi sono stati rispettivamente +152mila e +230mila unità. A dicembre l’incremento dell’occupazione femminile si è sostanzialmente arrestato.

Si conferma il divario fra Nord e Sud
Il diivario territoriale nord-sud non solo si conferma, ma addirittura si acutizza. Nel 2022 la crescita delle attivazioni nette si è concentrata nel centro-nord (+302mila) a un tasso ben più alto rispetto all’anno precedente: nel 2021 questo era infatti pari a circa il 68%, mentre nel 2022 è salito al 79%. Nelle regioni meridionali la fase espansiva si è interrotta una volta esaurita la spinta del comparto edile, che aveva contribuito alla crescita occupazionale del 2022 per circa il 30%. È proseguita anche nel 2022 (il dato è aggiornato a novembre) la diminuzione della disoccupazione, ma il trend ha subito un importante rallentamento: si è passati da -350 mila del 2021 a -120 mila del 2022.

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Podcast: quante e quali storie ascoltano gli italiani? 

Gli italiani amano sempre più ascoltare le storie con le cuffie, partecipando a un fenomeno globale che conta sempre più appassionati di contenuti audio. Tanto che secondo una ricerca interna di Audible nel 2022 sono state oltre 35 milioni le ore di contenuti ascoltate sulla piattaforma di proprietà Amazon.
Ma cosa, e come, scelgono di ascoltare, informarsi o distrarsi dalle preoccupazioni gli ascoltatori italiani? A descrivere le abitudini di ascolto è Audible Compass 2022, l’indagine internazionale realizzata da Kantar per conto di Audible, che conferma come l’ascolto per noi italiani sia ormai è un’abitudine consolidata. Il 65% degli intervistati segue infatti regolarmente serie audio, ascolta audiolibri o podcast.

Tra ricerca di relax e bisogno di evasione

Mossi sicuramente dal desiderio di intrattenersi, ma anche da quello di imparare qualcosa di nuovo, esattamente come per gli ascoltatori di tutto il mondo, per noi italiani c’è anche la ricerca del relax tra le principali ragioni di ascolto di contenuti audio (60%), oltre al bisogno di evadere dalle preoccupazioni quotidiane (65%) rifugiandosi tra le cuffie. C’è però anche un altro motivo che spinge sempre più italiani verso i contenuti audio, ed è la volontà di ridurre il cosiddetto ‘screen time’ giornaliero, indicato dal 61% degli intervistati (contro il 56% di media globale). Via, quindi, da smartphone, pc e tv, che portano a passare molto tempo davanti a uno schermo.

Un fedele compagno a casa e on the road

E se per il 64% degli intervistati la casa si conferma il luogo ideale per intrattenersi con i contenuti audio, le storie da ascoltare in cuffia si dimostrano anche fedeli compagne on the road (42%), in auto o sui mezzi pubblici, mentre ci si sposta da un luogo all’altro della città. Alcuni ascoltatori, però, non indicano un luogo o un’occasione preferita. Per il 29% l’audio-entertainment è un ottimo compagno durante tutta la giornata. Una tendenza nettamente più diffusa rispetto agli altri Paesi: la media globale è infatti del 13%.

Consumatori crossmediali a cui piace anche leggere

Ma chi ascolta un audiolibro non necessariamente non legge libri. Gli ascoltatori italiani sono consumatori crossmediali, e il 78% di loro ha letto anche un e-book o un libro nell’ultimo anno. L’apprezzamento per il formato digitale nasce piuttosto dal fatto che per l’83% degli intervistati consente di scoprire più libri nel corso dell’anno, sfruttando momenti in cui non si potrebbe leggere. L’ascolto dunque avvicina alle storie, ai libri, alle grandi voci e anche ai grandi classici. Sul podio dei fattori che spingono a preferire un contenuto a un altro rientrano infatti trama e argomento (82%), narratore coinvolgente (81%) o noto (53%), oltre, ovviamente, all’autore (69%). E se nel 2022 su Audible.it a dominare la classifica dei generi di audiolibri sono stati il fantasy, i classici e le saghe familiari, per quanto riguarda i podcast vincono il crime, l’investigazione, e ancora una volta, il fantasy.

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Bilancio energetico, a che punto è l’Italia?

Il bilancio energetico è oggi più che mai un tema strategico per ogni paese, e l’Italia non fa eccezione. Ma in che situazione si trova realmente, sotto questo aspetto, lo Stivale? A dare risposte concrete ci ha pensato Eurispes, che ha analizzato il bilancio energetico italiano al fine di descrivere i livelli di produzione e consumi energetici nel nostro paese. 

Criticità e punti di forza

Il report si apre con un’analisi delle diverse fonti di approvvigionamento (interne ed estere), dei livelli di consumi e delle differenti forme di produzione presenti sul territorio italiano. Dallo studio emerge come l’Italia sia ancora fortemente dipendete dall’estero dato che la disponibilità energetica lorda, un indicatore del grado di dipendenza del paese dall’estero, è aumentata passando dal 73,5% del 2020 al 74,9% del 2021. Si conferma inoltre il ruolo predominate giocato dai combustibili fossili, in particolare gas e petrolio, che nel 2021 hanno rappresentato oltre il 73% della disponibilità energetica nazionale (rispettivamente il 40,9% e il 32,9%). A questa prima parte segue un’analisi delle principali differenze a livello regionale in materia di produzione e consumi di energia. In questo contesto la ricerca si sofferma, da un lato, nell’analisi della produzione di energia elettrica da fonti energia rinnovabili e, dall’altro, sugli effetti della crisi energetica che hanno contribuito ad accrescere in maniera esponenziale il divario tra Nord e Sud nel Paese in relazione alla possibilità di accesso all’energia con conseguenze per tutto il Meridione in termini di sviluppo e crescita economica.

Le prospettive future

Con l’analisi delle prospettive di sviluppo futuro del settore energetico in Italia, si è cercato di comprendere l’impatto che determinate politiche potrebbero avere sia nel favorire il processo di decarbonizzazione della nostra economia, sia nel ridurre la dipendenza energetica dall’estero e, dunque, l’esposizione del nostro Paese a futuri shock energetici come quello a cui stiamo assistendo negli ultimi mesi a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. In relazione ai processi di decarbonizzazione del nostro sistema economico occorre sottolineare come in Italia, nel 2020, la quota di rinnovabili nel consumo finale di energia abbia raggiunto il 20,4%, rispetto ad un obiettivo del 17%. Particolarmente positivi sono stati i risultati raggiunti nella produzione di energia elettrica dato che il 38% dell’energia elettrica prodotta in Italia nel 2020 derivava da fonti rinnovabili. Quasi il 50% in più dell’obiettivo del 26% dichiarato per il 2020.

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Risparmio: gli italiani e le scelte finanziarie 

Gli italiani continuano a puntare sul risparmio: oggi la quota delle famiglie risparmiatrici supera il 53%, avvicinandosi ai livelli pre-pandemia, e cresce anche la percentuale di reddito risparmiata, che si attesta all’11,5% rispetto al 10,9% del 2021. Solo il 17% degli italiani però risparmia avendo in mente uno scopo preciso. Il 30% lo fa per ragioni puramente precauzionali. È quanto emerge da L’Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani nel 2022, condotta da Doxa per Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi. Dal 1982 Doxa conduce infatti per conto del Centro Einaudi un’indagine per analizzare motivazioni, obiettivi e scelte di un campione rappresentativo di risparmiatori italiani.

Sicurezza, liquidità e valutazione del rischio

Secondo l’indagine, la sicurezza si conferma al primo posto tra le caratteristiche desiderate degli investimenti (57%), seguita dalla liquidità. Tra le maggiori preoccupazioni emerge invece la valutazione del rischio delle diverse soluzioni di investimento (53% circa). Persiste poi la tendenza a tenere disponibilità liquide in eccesso per motivi precauzionali. L’improvvisa accelerazione dell’inflazione contribuisce tuttavia a ridurre il grado di soddisfazione associato alla detenzione della liquidità. Cresce inoltre il gradimento per il risparmio gestito: almeno un prodotto è presente nel 21% dei portafogli del campione, sia pure con una marcata differenziazione a livello territoriale.

Meno obbligazioni, più investimenti in oro e fondi etici-ESG

Si riduce invece la quota investita in obbligazioni (dal 29% al 23% dei portafogli), mentre resta contenuta, sebbene in leggera crescita, la percentuale degli investitori in azioni (4,8%). Da segnalare anche il crescente interesse verso gli investimenti alternativi (39% del campione), in particolare l’oro (24,8%) e i fondi etici-ESG (13% circa, che sale oltre il 22% tra i laureati). Ma gli intervistati appaiono relativamente sereni sul proprio tenore di vita in età anziana. Si mantengono basse le adesioni alla previdenza integrativa (17,6% del campione), e ancora più contenuta risulta la diffusione di polizze LTC (14% circa). Appare quindi urgente promuovere una cultura assicurativa che faccia crescere la consapevolezza dei possibili rischi e delle soluzioni che il mercato può offrire.

Giovani poco informati e disinteressati a economia e finanza

Il focus dell’indagine sugli imprenditori fa emergere diversi segnali positivi. In risposta alla crisi, più del 35,7% ha innovato i propri prodotti, il 39,6% ha accelerato sul fronte della digitalizzazione, il 34,7% ha puntato sulla promozione online e il 23% sulle vendite online. Digitalizzazione e innovazione saranno gli assi portanti del rilancio, insieme alle relazioni di parternariato (33%) e agli investimenti nella formazione (31%). Preoccupa la debolezza dei giovani sul fronte dell’alfabetizzazione finanziaria e assicurativa. Solo il 2,3% infatti si dichiara molto interessato ai temi dell’economia e della finanza. E il tempo medio dedicato all’informazione su questi argomenti è di 17 minuti alla settimana.

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Bologna provincia top per qualità della vita 

È la provincia di Bologna nel 2022 ad aggiudicarsi la vetta della classifica sulla qualità della vita stilata dal Sole 24 Ore. È la quinta volta in 33 anni. Sul fondo Napoli, al 98° posto, in discesa di otto posizioni, e Palermo (88°, +7 posizioni). I 90 indicatori statistici alla base dell’indagine, di cui 40 aggiornati al 2022, presentano una serie di novità: due indicatori sull’inflazione, un pacchetto di indicatori su energia da fonti rinnovabili/riqualificazioni energetiche/consumi energetici, l’indice della partecipazione elettorale alle ultime elezioni politiche di settembre 2022, e nove indici sintetici che aggregano più parametri, come qualità della vita di giovani, bambini e anziani, qualità della vita delle donne, ecosistema urbano, indice della criminalità, indice di sportività, indice del clima, e iCityrank sulle città digitali.

Milano scende all’8° posto

Accanto a Bologna, seguita sul podio da Bolzano e Firenze, la classifica vede Parma al 9° posto e Reggio Emilia al 13°. Le province del Trentino Alto Adige restano salde nella top ten, con Bolzano al 2° e Trento al 5°. In Toscana sono tre le province presenti in cima alla classifica. Oltre a Firenze, le new entry Siena, al 4° posto (+11 posizioni), e Pisa (+12 posizioni) al 10°. Tra le città metropolitane, Milano, che nel 2021 era in seconda posizione, resta nella top ten, ma scende all’8° posto, Roma scivola al 31° (-18 posizioni), Cagliari sale di due posizioni (18°), Genova è al 27° (perde una posizione), e Torino al 40° (-12 posizioni).

Oristano, Pordenone e Sondrio sul podio per giustizia e sicurezza

Per quanto riguarda i sei ambiti in cui sono suddivisi i 90 indicatori, il podio per per ‘ricchezza e consumi’ spetta a Belluno, Bologna e Bolzano, per ‘affari e lavoro’ a Milano, Trieste e Roma, per ‘demografia salute e società’ a Bologna, Modena e Roma, per ‘ambiente e servizi’ a Pisa, Siena e Aosta, per ‘giustizia e sicurezza’ a Oristano, Pordenone e Sondrio, e per ‘cultura e tempo libero’ a Firenze, Trieste e Gorizia.

Monza e Brianza la provincia più “rosa” d’Italia

A offrire maggior benessere alle donne è la provincia di Monza e Brianza, seguita da Treviso e Cagliari riporta Adnkronos. A dare slancio alla provincia lombarda sono, in particolare, i dati relativi all’inserimento delle donne nel mondo del lavoro. Monza e Brianza registra il gap occupazione di genere più basso in Italia (7,1% contro il 19,4% della media nazionale), uno dei tassi di occupazione femminile più alti del Paese (69%), e il record di giornate retribuite a dipendenti donne (il 75,3% del massimo teorico). Inoltre, è terza dietro a Cagliari e Trento per speranza di vita delle donne, con 86,1 anni, circa quattro anni in più rispetto a Siracusa, ultima in questo indicatore.

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II 93% delle organizzazioni finanziarie italiane ha subito un cyberattacco 

Il 67% dei decision maker IT italiani appartenenti al settore finanziario considera ‘alto’ il rischio di un attacco informatico. Lo conferma una ricerca di Kaspersky dal titolo Sicurezza IT: focus sul settore finanziario in Italia. Secondo la ricerca il 93% dei decision maker IT del settore finanziario afferma che la propria organizzazione ha subito uno o più cyber attacchi o problemi di cybersecurity durante la pandemia. E il 60% dichiara che l’azienda per cui lavora ha dovuto affrontare attacchi ransomware e spyware. Inoltre, i dati mostrano che sono stati particolarmente diffusi anche attacchi di phishing e malware (58%).

Le grandi aziende sono le più protette dalle minacce informatiche

Nonostante l’elevato numero di minacce, l’84% dei decision maker IT pensa che la propria azienda disponga di tutti gli strumenti necessari per contrastare un attacco informatico, percentuali quasi identiche se si prendono in considerazione personale IT (87%) e dirigenti (85%). Questo senso di sicurezza viene percepito soprattutto dalla maggior parte delle aziende che contano oltre 1.000 dipendenti (86%). Secondo quanto dichiarato dagli intervistati queste realtà sono le più protette dalle minacce informatiche, e le più inclini ad affidarsi a un Disaster Recovery Plan (95%).

Nelle organizzazioni più piccole mancano le competenze interne adeguate

Più di nove intervistati su dieci (91%) hanno dichiarato di avere Disaster Recovery Plan / Business Continuity Plan regolarmente testati, percentuale che scende all’83% tra le organizzazioni più piccole (50-999 dipendenti). Il 26% sostiene però che manchino le competenze interne adeguate, dato che sale al 39% tra le piccole-medie imprese (250-999 dipendenti). Secondo un responsabile IT di una grande azienda con oltre 5.000 dipendenti la sfida maggiore è “poter fare affidamento su una strategia informatica pronta e reattiva”, mentre per un dirigente di un’azienda delle stesse dimensioni sono gli “attacchi malware, perché sempre più sofisticati e invasivi”. Mentre per il responsabile IT di una realtà con meno di 5.000 dipendenti la sfida è “avere competenze a sufficienza per fronteggiare questi problemi”.

Cosa teme il settore finanziario?

Le società bancarie e finanziarie, indipendentemente dalla dimensione, temono soprattutto perdite finanziarie ingenti per azienda e clienti (44%), o la frode, la manipolazione e l’uso improprio dei servizi (40%). L’impatto economico di multe o contenziosi normativi si colloca al terzo posto (32%). Il 57% degli intervistati concorda sul fatto che il crescente onere normativo possa aumentare il rischio di non conformità, con una percentuale leggermente superiore tra chi opera nel settore IT (62%) o nelle organizzazioni sotto i 1.000 dipendenti (61%). La preoccupazione maggiore per le istituzioni finanziarie con oltre 1.000 dipendenti è, invece, registrare perdite economiche considerevoli a causa di transazioni false (47%). Percentuale che si riduce al 39% tra le aziende più piccole (50-999 dipendenti), che temono anche di subire danni all’immagine per un’insufficiente conformità alla sicurezza delle informazioni.

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Analisi congiunturale dell’industria, dati positivi a Milano, Monza Brianza e Lodi

Sono positive le analisi congiunturali dell’industria relative al terzo trimestre del 2022 nell’area di Milano, Monza Brianza e Lodi. Gli indicatori segnalano un ottimo aumento congiunturale rispetto al secondo trimestre 2022 della produzione industriale e del fatturato milanese (+1,3% e +3,5% destagionalizzato). Lo rivela una recentissima analisi a cura del Servizio Studi della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi.

L’area milanese meglio del resto della Lombardia

Un altro aspetto particolarmente interessante è rappresentato dal fatto che la crescita è maggiore per il fatturato locale rispetto al dato lombardo (i due dati regionali sono rispettivamente +0,4% e +2,6% destagionalizzato). Per gli ordini interni la progressione congiunturale è ancora più marcata per l’industria milanese rispetto alla manifattura lombarda (rispettivamente +4,7% e +1,3% destagionalizzato), allo stesso modo degli ordini esteri per cui la performance milanese è migliore (+6,9% e +1,5% destagionalizzato). Passando all’analisi tendenziale, il terzo trimestre 2022 ha consentito all’area metropolitana milanese in un anno di crescere del 6,1% per la produzione, più del dato lombardo (+4,8% in un anno). Se si considera la crescita netta del fatturato, sempre raffrontata al terzo trimestre 2021, l’aumento è del 14,5% a livello locale e 13,5% a livello regionale. In relazione al portafoglio ordini, si registra un livello superiore a quello relativo al terzo trimestre 2021 (+10% in un anno), con performance migliore rispetto alla manifattura lombarda (+6,6%). I mercati esteri milanesi hanno ripreso la crescita in modo più incisivo (+12,3%) rispetto alla componente interna (+8,7%).

Monza e Brianza. prosegue la crescita congiunturale

Per il territorio di Monza e Brianza il  terzo trimestre 2022 fa registrare un aumento rispetto al secondo trimestre 2022 sia della produzione industriale (+1,7% destagionalizzato), sia del fatturato (+2% destagionalizzato), così come le commesse acquisite dai mercati interni (+1,6% destagionalizzato) ed esteri con +2,7%. La crescita tendenziale della capacità produttiva colloca i volumi prodotti a un livello superiore rispetto al terzo trimestre 2021 (+7,4%), superiore rispetto al dato lombardo (+4,8%). Nello stesso periodo, i dati della manifattura brianzola per fatturato (+12,5%) sono inferiori al dato lombardo (+13,5%). Sempre rispetto al terzo trimestre 2021, il portafoglio ordini del manifatturiero brianzolo evidenzia un incremento reale superiore a quanto registrato in Lombardia (rispettivamente +11,2% e +6,6%). 

Positivo il bilancio di Lodi

Anche a Lodi continua la crescita congiunturale nel terzo trimestre 2022 grazie a un aumento rispetto al secondo trimestre 2022 della produzione industriale (+0,3% destagionalizzato), accompagnato dalla crescita del fatturato (+0,4% destagionalizzato) e dalle commesse acquisite dai mercati interni (+7,8% destagionalizzato) mentre gli ordini esteri risultano in calo del -2,1%. Nel terzo trimestre 2022 rispetto all’anno precedente si verifica un trend di crescita per produzione, fatturato e ordini. Relativamente all’analisi tendenziale, raffrontato al terzo trimestre 2021, la crescita della produzione si attesta a +3,3%, performance peggiore rispetto al dato lombardo (+4,8%). In relazione al fatturato, nel confronto con il terzo trimestre 2021, il recupero si attesta a +11,5%, inferiore per intensità al dato regionale (+13,5%). Gli ordini crescono in un anno del 10,6% rispetto al 6,6% lombardo.

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