Nome dell'autore: Marina Lo Cerchio

Gaming online, passione italiana e spazio di socializzazione

Uno studio condotto da Samsung a livello europeo ha evidenziato che il gaming online sta assumendo un ruolo sempre più significativo come luogo di incontro e interazione sociale per i giocatori italiani. Il Gaming Relationship Report 2023, uno studio che ha analizzato l’impatto del gaming sulla vita sociale e lo sviluppo personale, è stato condotto in cinque paesi europei e ha coinvolto oltre 7.500 giocatori.

Gli italiani stringono amicizie in rete

I risultati dello studio indicano che il 49% dei giocatori italiani considera il gaming online come un luogo virtuale in cui incontrare e relazionarsi con altri giocatori, e il 30% degli intervistati afferma di aver stretto amicizie giocando in rete. Questo dimostra che il gaming online sta diventando una piattaforma importante per stabilire relazioni autentiche tra i giocatori italiani. In particolare, i giocatori più giovani, compresi nella fascia di età tra i 18 e i 24 anni, sono i più propensi a socializzare online attraverso il gaming, con il 73% di loro che interagisce con altri giocatori in rete. Inoltre, il 56% dei giocatori italiani di età compresa tra i 18 e i 24 anni e il 42% di quelli tra i 25 e i 34 anni ha creato delle amicizie attraverso i videogiochi che si estendono al di là dello schermo e delle sessioni di gioco.

Il gioco serve anche all’autostima

Il rapporto sottolinea anche che il gaming ha un impatto significativo sulla soddisfazione personale e sull’orgoglio dei giocatori. In Europa, un gamer su cinque è più fiero dei propri successi nel gaming rispetto ai risultati ottenuti nella scuola o nella carriera professionale. Questo sentimento è particolarmente forte tra i giocatori italiani, dove il 29% si sente connesso con gli altri giocatori e il 79% di coloro che instaurano nuove relazioni e interagiscono regolarmente.
Inoltre, lo studio rivela che molti giocatori italiani sono interessati a migliorare le proprie abilità di gioco, con un terzo di loro che sarebbe disposto a ricevere formazione specifica o consigli per migliorare le prestazioni. Questo desiderio è particolarmente evidente tra i giocatori più giovani (il 53% della fascia di età 18-24 anni) e i giocatori esperti (45%).

La Spagna è il primo Paese per questo tipo di intrattenimento

In generale, il gaming si è affermato come un importante fenomeno di intrattenimento in tutta Europa, con un alto numero di giocatori che si dedicano a questa attività. La Spagna è il paese leader con l’89% della popolazione che pratica il gaming, seguita dalla Francia con il 78%. Inoltre, il 56% dei giocatori in Spagna, Regno Unito e Italia gioca almeno una volta alla settimana, dimostrando l’ampia diffusione del gaming in queste nazioni.

L’83% degli italiani gioca regolarmente

In Italia, l’83% della popolazione si intrattiene con nuovi contenuti di gioco e il 71% continua a giocare in modo attivo, il che indica una crescente democratizzazione del gaming nella società italiana. In particolare, il 93% delle persone tra i 18 e i 44 anni ha sperimentato il gaming almeno una volta nella vita, e l’83% di esse continua a praticarlo regolarmente.

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Le donne manager italiane sono poche e stressate: perchè? 

Le manager italiane sono poche rispetto ai colleghi che ricoprono ruoli apicali, e sono più stressate. I grandi motivi di insoddisfazione sono tre, stipendi, carico lavorativo, difficoltà nel conciliare lavoro e vita privata. Se il numero delle manager è in aumento resta ancora lontano da quello degli uomini: ogni 3 manager 2 sono uomini, una è donna. Inoltre, secondo gli ultimi dati di Manageritalia il rapporto peggiora nei ruoli di maggiore responsabilità: su 5 dirigenti solo una è donna.
Lo studio dal titolo ‘Do satisfaction, gender issues, and financial inclusion impact Italian female managers?’, realizzato dalle economiste Rosella Castellano (Università Unitelma Sapienza di Roma), Jessica Riccioni (Università di Roma Tre) e Azzurra Rinaldi (Università Unitelma Sapienza di Roma), analizza la soddisfazione professionale delle donne manager italiane in relazione a vita lavorativa, personale e welfare per le famiglie.

Work-life balance: la prima causa di insoddisfazione

L’equilibrio tra vita lavorativa e personale, il work-life balance, è un problema per 4 manager su 10, ed è e la prima causa di insoddisfazione nella fascia 40-50 anni. Su questi dati incide il welfare italiano, ritenuto insufficiente soprattutto a fronte dell’enorme pressione fiscale.
Il sistema di welfare incide poi sulle scelte di vita delle manager. “La decisione di avere figli è legata alla presenza di servizi capillari e accessibili – spiega Azzurra Rinaldi al Corriere -. Al Nord, dove ci sono più servizi per bambini e anziani, il livello di soddisfazione è più elevato”.

La mole di lavoro è eccessiva e stressante

Inoltre, “c’è un sistema di valutazione interno alle aziende che spesso penalizza le figure apicali che si allontanano troppo spesso dall’ufficio, come nel caso della maternità”, aggiunge Rinaldi.
Spesso le lavoratrici, soprattutto in posizioni apicali, si trovano a dover scegliere tra essere brave mamme o brave manager, senza considerare il tempo da dedicare a sé stesse. Ma per una manager su 3, uno dei principali motivi di insoddisfazione lavorativa è la mole di lavoro, eccessiva e stressante, soprattutto per le over 50. A differenza di altri Paesi, in Italia “Abbiamo ancora una cultura novecentesca, di presenza fisica – continua Rinaldi -. Soprattutto al centro-sud tendiamo a stare molto a lavoro anche se questo non ci rende più produttivi, anzi”.

Stipendio insufficiente e gender pay gap

Il 17% delle manager dichiara di ricevere uno stipendio insufficiente o comunque più basso di quello dei colleghi, mentre 4 su 10 hanno subito il gap almeno una volta. Il 65% poi riscontra discriminazioni nelle carriere manageriali. Entrambe le tendenze sono più forti nelle piccole imprese, ma il problema non è solo italiano: “Nessun Paese ha superato il gender pay gap”, osserva Rinaldi. Insomma, a tutti i livelli, a parità di mansioni, qualifiche e tempo speso in azienda, le donne vengono pagate meno.
I numeri testimoniano però un miglioramento. A far ben sperare per il futuro, riporta Adnkronos, è soprattutto la maggiore sensibilità delle aziende giovani per il gender gap e in generale per le tematiche Esg.

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Conversational Marketing: è ora di passare alle conversazioni

Il Conversational Marketing ruota attorno all’idea di mettere al centro delle aziende i clienti, con l’obiettivo di comprenderne le esigenze e dialogare in modo efficace con loro. Una tendenza che sta prendendo sempre più piede anche tra le aziende italiane.
Le esperienze che i clienti vivono quando entrano in contatto con le aziende influiscono in modo determinante sulla loro soddisfazione e fidelizzazione. Per questo diventa fondamentale puntare sul mobile messaging per adottare strategie efficaci di marketing conversazionale, che consentano di instaurare e mantenere una buona relazione con i clienti in tutte le fasi del processo d’acquisto.

L’attenzione si sposta sulla Customer Experience

Infatti, sebbene le conversioni rimangano un obiettivo imprescindibile, l’attenzione si sta sempre più spostando su tutto ciò che riguarda la Customer Experience, ossia l’esperienza che vive il cliente quando si relaziona con l’azienda, spesso determinante per la sua soddisfazione, e di conseguenza, la sua fidelizzazione.
Secondo un sondaggio svolto da Esendex, i contatti con le aziende oggi sono piuttosto frequenti. È, infatti, il 41% dei rispondenti a dichiarare di aver contattato un’azienda negli ultimi tre giorni, mentre la percentuale sale addirittura al 63% se ci si riferisce all’ultima settimana.

Definire corrette strategie di mobile messaging

I contatti con le aziende avvengono per i motivi più disparati, dalla richiesta di informazioni su prodotti o servizi, a quelle su ordini o spedizioni, dai dettagli relativi ai pagamenti alle richieste di indirizzi di punti vendita e molto altro ancora. Tutto questo genera spesso conversazioni multicanale, importanti da gestire sempre al meglio per essere certi di instaurare e mantenere una buona relazione con il cliente.
“Data ormai per acquisita l’importanza centrale dello smartphone nelle nostre comunicazioni quotidiane – commenta Carmine Scandale, Head of Sales di Esendex Italia -, è evidente come sia oggi cruciale per le aziende avvalersi del Marketing Conversazionale e definire corrette strategie di mobile messaging”.

Azioni di conversazione in grado di fare la differenza

“Per soddisfare le esigenze più diverse è poi essenziale poter far leva sulla multicanalità, offrendo, quindi, ai clienti diverse possibilità di contatto, come ad esempio WhatsApp, SMS e ChatBot – aggiunge Carmine Scandale – : se si desidera creare una comunicazione veloce, asincrona e personale tra azienda e cliente, però, occorre fare un ulteriore passo avanti e passare alle convers-action, mettendo, quindi, in atto vere e proprie azioni di conversazione, che siano in grado di fare la differenza”.

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Biologico italiano, un’eccellenza anche nell’export

In occasione della quinta edizione di “Rivoluzione Bio” – una manifestazione prevista all’interno di SANA 2023, il 35° Salone Internazionale del biologico e del naturale – Nomisma presenterà i risultati del monitoraggio sui mercati internazionali realizzato nell’ambito del progetto ITA.BIO, la piattaforma per l’internazionalizzazione del biologico Made in Italy promossa da ICE Agenzia e FederBio. Intanto, sono già disponibili alcune evidenze, utili a comprendere la valenza del settore per l’economia italiana.

Vendite internazionali a +16%

Le vendite di prodotti agroalimentari italiani bio sui mercati internazionali hanno raggiunto i 3,4 miliardi di euro nel 2022, registrando un incremento del 16% rispetto all’anno precedente. Questo dato testimonia il riconoscimento del bio Made in Italy all’estero e mostra una crescita di lungo periodo, con un valore quasi triplicato rispetto al 2012. Il 81% delle esportazioni riguarda il food, che ha visto un aumento del 16% rispetto all’anno precedente, mentre il ruolo del vino è rilevante, rappresentando il restante 19% dell’export bio, una quota superiore rispetto all’export agroalimentare in generale, dove l’incidenza del vino si ferma al 13%.

Germania, Francia e Benelux i maggiori mercati europei

L’indagine condotta da Nomisma per ICE Agenzia e FederBio su un campione di 290 imprese alimentari e vitivinicole italiane ha rivelato che le principali destinazioni europee per il food italiano bio sono la Germania (indicata dal 63% delle aziende), la Francia e il Benelux. Per quanto riguarda il vino, il mercato tedesco è ancora in cima alla lista, seguito dai Paesi Scandinavi e dal Benelux. Al di fuori dell’Unione Europea, le principali destinazioni sono Svizzera, Stati Uniti e Regno Unito sia per il food che per il vino.

Una qualità riconosciuta

Il biglietto da visita del bio italiano sui mercati internazionali è la qualità dei prodotti, indicata come un fattore del successo dal 66% delle aziende interpellate, e il generale interesse del consumatore straniero per il Made in Italy (60%). Anche l’equivalenza del marchio bio europeo, l’elevata spesa pro-capite per i prodotti biologici e le garanzie associate ai prodotti agroalimentari bio sono considerati elementi di successo. Tuttavia, i costi legati alle attività di promozione sui mercati internazionali, le normative e la concorrenza di prezzo da parte delle imprese locali rappresentano gli ostacoli principali alla vendita dei prodotti bio all’estero.

Ampi margini di crescita per il comparto bio

Il bio ha ampi margini di crescita sui mercati internazionali, e per migliorare il posizionamento del bio italiano all’estero, è indispensabile informare di più e meglio il consumatore straniero riguardo alle caratteristiche e alle garanzie che il bio offre. Molti consumatori nei mercati analizzati affermano di non avere informazioni sufficienti e dettagliate sugli alimenti biologici. Inoltre, la possibilità di conoscere i prodotti tramite assaggi o materiali nella grande distribuzione o presso i ristoranti potrebbe essere una leva efficace per avvicinare il bio Made in Italy al consumatore straniero, soprattutto in Messico, Cina e Giappone. Le aziende italiane dovrebbero stimolare la domanda e la fiducia dei consumatori, chiarire il contributo dell’agricoltura biologica alla sostenibilità e sostenere l’offerta e quindi la conversione e la produzione per supportare lo sviluppo del bio nei prossimi anni.

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Professioni sanitarie, quali sono le più gettonate e come esercitarle?

Le professioni sanitarie in Italia comprendono una vasta gamma di lavori nel campo dell’assistenza sanitaria. Attualmente, ci sono 30 professioni sanitarie riconosciute dallo Stato italiano, organizzate in diversi ordini professionali. Per accedere a queste professioni, è necessario completare specifici percorsi di formazione e acquisire determinati requisiti.
La maggior parte delle professioni sanitarie richiede una laurea triennale o magistrale in un corso di studio specifico. Ad esempio, per diventare medico è necessario completare il corso di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia. Dopo la laurea, molte professioni sanitarie richiedono un periodo di tirocinio pratico e/o una specializzazione, durante il quale gli studenti acquisiscono esperienza pratica nel campo specifico e possono conseguire ulteriori qualifiche professionali.

Dopo la formazione e il tirocinio

Una volta completati i requisiti di formazione e tirocinio, è necessario iscriversi all’Ordine professionale competente per la professione scelta. Ad esempio, i medici devono iscriversi all’Ordine dei Medici. Le professioni sanitarie richiedono anche un costante aggiornamento delle competenze professionali attraverso la partecipazione a corsi di formazione continua. Ogni Ordine Professionale, che è un ente pubblico, ha funzioni di tutela e regolamentazione dell’esercizio delle professioni liberali regolamentate. Gli Ordini professionali sono responsabili di garantire l’adeguata formazione, competenza e condotta etica dei professionisti all’interno della rispettiva categoria. Essi regolamentano l’accesso alla professione, determinano le norme deontologiche e disciplinari e sorvegliano l’adempimento degli obblighi professionali. Nel caso delle professioni sanitarie, il Ministero della Salute esercita la vigilanza sugli Ordini provinciali e regionali e sulle relative Federazioni nazionali delle professioni sanitarie.

Si può esercitare anche con qualifica conseguita all’estero

È possibile esercitare l’attività sanitaria anche se si è cittadini italiani o stranieri che hanno conseguito la qualifica professionale all’estero, previo riconoscimento da parte del Ministero della Salute. Allo stesso modo, i cittadini italiani residenti all’estero possono esercitare l’attività sanitaria nel Paese ospitante, a condizione che la loro qualifica sia stata riconosciuta dall’Autorità competente del luogo in cui intendono lavorare.

Sono circa 30 le professioni riconosciute nel nostro Paese

Le professioni sanitarie riconosciute in Italia includono professioni infermieristiche ed ostetriche (infermieri e ostetrici), professioni della riabilitazione (fisioterapisti, podologi, logopedisti, ortottisti, terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, tecnici della riabilitazione psichiatrica, terapisti occupazionali ed educatori professionali), professioni tecniche (tecnici audiometristi, tecnici sanitari di laboratorio biomedico, tecnici sanitari di radiologia medica, tecnici sanitari di neurofisiopatologia, tecnici ortopedici, tecnici audioprotesisti, tecnici della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, igienisti dentali e dietisti), e professioni della prevenzione (tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro e assistenti sanitari).

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Il rallentamento economico riduce il numero di donne leader in azienda

Mentre il mondo continua a far fronte al rallentamento della crescita economica il tasso di assunzione di donne nei ruoli dirigenziali scende ai livelli del 2021. Secondo i dati di LinkedIn, pubblicati nel rapporto dedicato al Global Gender Gap del World Economic Forum 2023, negli ultimi 8 anni il tasso di assunzione di donne nei ruoli di leadership a livello globale è aumentato lentamente (circa 1% annuo), ma nel 2020 la pandemia ne ha frenato il progresso.
Nel 2022 e 2023 i mercati del lavoro globali hanno iniziato a rallentare, e il peso maggiore grava ancora una volta sulle carriere femminili, erodendo i passi avanti fatti negli ultimi due anni. 
Nel primo trimestre 2023 la percentuale di donne che ricoprono ruoli dirigenziali scende al 32%, tornando ai livelli registrati durante il 2020.

La leadership non è “rosa”

Il calo della presenza femminile nelle posizioni di leadership è determinato da un minor numero di assunzioni di donne in ruoli dirigenziali. 
I settori che registrano il calo maggiore sono servizi al consumo (-0,58%), sanitari e di assistenza (-0,42%) e settore immobiliare (-0,41%). E il calo maggiore di assunzioni di figure femminili senior si registra nei settori Tecnologia, Informazione e Media, e Servizi professionali (-4% rispetto al pre-2022).  Analogamente, i settori Entertainment Providers e Wholesale riducono la quota di donne assunte in ruoli di leadership del 3%. Si tratta di alcuni dei settori più colpiti dai licenziamenti, che potrebbero avere un ulteriore impatto a medio termine sul numero di lavoratrici che raggiungono posizioni di leadership.

Drop to the Top

Tutti i settori mostrano un Drop to Top, ovvero la misura in cui la rappresentanza femminile diminuisce ai livelli più alti. 
In media, la quota di donne nei ruoli di C-Suite scende al 25%, nonostante queste rappresentino quasi la metà delle posizioni entry-level. Ma alcuni settori fanno meglio di altri. Nel settore dei servizi al consumo il 57% delle posizioni di ingresso è occupato da donne, rispetto al 38% dei ruoli di leadership, in quello del commercio al dettaglio il 53% delle posizioni di ingresso è occupato da donne, rispetto al 36% delle posizioni di leadership, e nel settore dell’istruzione le donne rappresentano il 60% delle posizioni di ingresso e il 39% delle posizioni di vertice.

Numeri significativamente inferiori nei ruoli STEM

Anche se nel mondo ci sono più laureate in materie STEM non altrettante entrano poi nella forza lavoro. E se i ruoli STEM sono tra quelli più richiesti, quindi probabilmente più resistenti alle pressioni economiche, a livello globale le donne continuano a essere significativamente sottorappresentate (29%), dove 8 ruoli di leadership su 10 sono occupati da uomini. 
Il calo più netto nella rappresentanza femminile (7%) si verifica tra la laurea e l’ingresso nella forza lavoro STEM, per poi diminuire solo quando si inizia a scalare la leadership.
Ciò è vero in tutti i Paesi, ma il calo è molto più marcato in Austria, Paesi Bassi, Francia e Brasile.

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Quattordicesima: come la “useranno” gli italiani nel 2023?

Un’iniezione di liquidità che potrebbe generare 6,8 miliardi di euro di consumi da parte delle famiglie: tra la seconda metà di giugno e la prima settimana di luglio circa 10 milioni di italiani riceveranno la quattordicesima, per un totale di circa 14 miliardi di euro. Una spinta considerevole ai consumi, che si riverserà soprattutto sul turismo. Tra gli utilizzi più indicati per la quattordicesima c’è infatti la voce vacanze, scelta dal 51% degli italiani, e per la quale si stima che verranno spesi 3,7 miliardi di euro. 
A stimarlo è Confesercenti sulla base di un sondaggio condotto con Ipsos. 

Shopping saldi estivi, saldare debiti o pagare il mutuo? 

Segue l’intenzione di investirla nello shopping durante i saldi estivi (25%, circa 1,8 miliardi di euro), o l’acquisto di altri prodotti (18%, 1,3 miliardi di euro), e parte delle restanti risorse (circa 4,7 miliardi di euro), verrà impiegata per saldare conti in sospeso o pagare spese obbligate. Il 21% userà almeno una parte della quattordicesima per pagare debiti (circa 1,5 miliardi di euro), e il 15% per pagare mutui e finanziamenti (poco più di 1 miliardo di euro).

Dai centri estivi alla salute, ma c’è anche chi pensa di investire

Un altro 15%, invece, investirà parte delle risorse in più per pagare centri estivi o vacanze studio per i figli (1.106 milioni circa), mentre il 14% sceglierà spese legate alla sanità o alla salute (1.018,7 milioni). Inoltre, secondo le stime di Confesercenti, circa 1,5 miliardi di euro andranno a finire nel risparmio, fortemente eroso da questi mesi di alta inflazione. Il desiderio di impiegare parte o tutta la quattordicesima per incrementare le proprie riserve è indicato solo dal 21% degli intervistati, mentre il 12% indica anche fini di investimento, cui saranno riservati oltre 870 milioni di euro.

Un’accelerazione per i consumi, ma è necessario salvaguardare il potere d’acquisto

“L’effetto quattordicesima potrebbe dare un’accelerazione importante dopo una primavera ‘fredda’ per i consumi, a causa della corsa dei prezzi e dell’aumento del peso delle spese obbligate sui budget familiari – commenta Confesercenti -. Si conferma dunque la necessità di salvaguardare il potere d’acquisto degli italiani: noi proponiamo di agire attraverso la leva fiscale, detassando gli aumenti retributivi previsti dai rinnovi dei contratti nazionali. Ci sono milioni di lavoratori in Italia che attendono il rinnovo del contratto, e un intervento di questo tipo velocizzerebbe la contrattazione e sbloccherebbe risorse per le famiglie. Secondo le nostre stime, porterebbe per il solo 2023 a una spesa per consumi aggiuntiva di 2,8 miliardi”.

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ESG: in Italia crescono le startup sostenibili che vogliono cambiare il mondo

L’ambiente, la responsabilità sociale e la governance aziendale, tematiche conosciute come Esg, conquistano sempre più spazio nei portafogli finanziari. Negli ultimi tre anni la maggior parte degli investimenti europei sono stati destinati a fondi con etichetta Esg: attualmente superano i 4mila miliardi di dollari, corrispondenti a oltre un terzo del totale degli investimenti.
Lo studio intitolato Sustainability waves | Esg italian startup, pubblicato da Cariplo Factory con il patrocinio della Commissione Europea e il supporto di varie organizzazioni, ha delineato un profilo delle startup italiane attive in questo settore.

Obiettivo: rendere il mondo un posto migliore

Sono state coinvolte 115 aziende di piccole dimensioni (l’82% ha meno di dieci dipendenti), ma già in grado di attrarre investimenti e operare a livello nazionale (54%) e internazionale (40%). Oltre il 50% si colloca nella fascia più alta dell’indice Investment readiness level, che misura la maturità delle startup per la raccolta di capitali.
Queste startup si pongono l’obiettivo di rendere il mondo un posto migliore, cercando di cambiare i paradigmi del mercato. Inoltre, sono caratterizzate da un forte impegno verso la parità di genere: il 60% di esse ha un consiglio di amministrazione a maggioranza femminile, mentre il 59% ha almeno il 50% dei dipendenti donne. Nel 28% dei casi, adottano il lavoro flessibile, mentre il 72% ha implementato programmi di welfare aziendale.

L’ambiente è una delle aree di interesse principali 

L’ambiente rappresenta una delle principali aree di interesse per queste startup: il 77% di esse ha attivato programmi di tutela o riduzione dell’impatto ambientale, che spaziano dalla gestione dei rifiuti al rispetto della biodiversità e all’uso sostenibile del territorio. Inoltre, il 55% dispone già di tecnologie per la riduzione dell’impronta ambientale. Nell’ambito delle startup sostenibili in Italia, esistono alcuni esempi significativi, come Alberea che combatte l’emergenza climatica con campagne di rimboschimento agricolo e urbano, oppure BioTextiles, specializzata nella creazione di biomateriali di origine vegetale a partire da un unico biopolimero, l’agar-agar.

Agire sul fronte energetico o ripensare la mobilità urbana

Sul fronte energetico, si distingue Levante, che ha progettato e brevettato un pannello fotovoltaico pieghevole, ispirato agli origami, per creare energia pulita grazie alle celle fotovoltaiche bifacciali.
Ripensare la mobilità urbana è invece l’obiettivo di Revo, riporta Adnkronos, che sviluppa piste ciclabili modulari, prefabbricate, realizzate in maniera ecosostenibile, e riposizionabili senza necessità di scavi e lavori stradali. Di fatto, possono essere posate su qualunque superficie esistente.

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Blue Economy, in Italia conta 228.000 imprese

La Blue Economy in Italia conta ben 228.000 imprese, che offrono lavoro a quasi 914.000 persone e generano un valore aggiunto di 52,4 miliardi di euro. Considerando l’intera filiera diretta e indiretta, il valore arriva addirittura a 142,7 miliardi di euro. Si tratta di un settore in significativa crescita: tra il 2022 e il 2021, il numero di imprese legate al mare è aumentato dell’1,6%, le esportazioni sono cresciute del 37% e il valore diretto prodotto è aumentato del 9,2% tra il 2021 e il 2020. Questi sono alcuni dei dati presenti nell’XI Rapporto sull’Economia del Mare dell’Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare (OsserMare) di Informare con il Centro Studi Tagliacarne – Unioncamere.

L’Economia del mare vale 143 miliardi di euro

“L’Economia del Mare, considerando sia la componente diretta che quella indiretta, arriva a circa 143 miliardi di euro, corrispondenti a quasi il 9% del valore aggiunto complessivo, con una forza lavoro di circa 914.000 addetti”, sottolinea Antonello Testa, coordinatore nazionale di OsserMare. Durante la presentazione al 2° Summit Nazionale sull’Economia del Mare Blue Forum a Gaeta, Testa ha affermato che l’XI Rapporto Nazionale rappresenta uno strumento evoluto che permette di monitorare le dinamiche di questo importante settore marittimo in modo scientifico e inequivocabile. Aggiunge che conoscere i valori economici aggiornati dell’Economia del Mare è fondamentale per definire la strategia marittima della nazione.
“La Blue Economy si è dimostrata leader di resilienza e sviluppo nel nostro Paese”, afferma Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne. Nonostante la pandemia abbia colpito duramente settori come il turismo e la movimentazione di merci, la Blue Economy ha registrato un tasso di sviluppo del valore aggiunto del 9,2% nel 2021, superando il dato complessivo nazionale del 6,4%. Esposito anticipa un ulteriore sviluppo nel 2022, che permetterebbe di superare i livelli di prodotto del 2019 del 9%, grazie soprattutto ai risultati positivi della cantieristica e della logistica.

Sistema mare, crescono i servizi di alloggio e ristorazione

Tra i comparti che trainano il recupero del “Sistema mare”, escludendo l’industria delle estrazioni marine, si evidenziano i servizi di alloggio e ristorazione, che hanno registrato un aumento del valore del 22,1% tra il 2021 e il 2020. Seguono la cantieristica (+11,7%) e la filiera ittica (+8%). Tutti gli altri comparti presentano andamenti positivi, come le attività sportive e ricreative (+5,4%), le attività di movimentazione di merci e passeggeri via mare (+5,1%) e le attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale (+0,4%).
Oltre il 60% della ricchezza prodotta dal mare proviene dal Centro e Sud Italia. Nel 2021, l’economia del mare ha generato un valore aggiunto di 52,4 miliardi di euro, attivandone altri 90,3 miliardi nel resto dell’economia. In termini di “fare filiera”, la Blue Economy arriva a generare complessivamente 142,7 miliardi di euro, corrispondenti all’8,9% dell’intera economia nazionale. La ricchezza diretta prodotta dal Sistema mare ribalta la tradizionale dicotomia Nord-Sud, con il Centro che contribuisce per il 31,1% (oltre 16 miliardi di euro) e il Mezzogiorno per il 30% (oltre 15 miliardi di euro). Il Nord-Ovest rappresenta il 20,7% e il Nord-Est il 18,2%. La Liguria si distingue come la regione con il maggior peso della produzione dell’economia del mare sul totale regionale (11%).

Cantieristica al top per le esportazioni 

La cantieristica si conferma il settore trainante delle esportazioni, con una crescita del 40,7% nel 2022 rispetto al 2021, mentre l’intero export della Blue Economy registra un aumento del 37,4%. Per la prima volta dopo oltre un decennio, il saldo commerciale risulta positivo, con un avanzo di 1,9 miliardi di euro nel 2022 rispetto a un passivo di 1,6 miliardi nel 2021. La cantieristica accompagna l’aumento delle vendite all’estero con una significativa riduzione del valore delle importazioni (-58,6%).
L’economia del mare comprende un universo di 228.000 aziende nel 2022, corrispondenti al 3,8% del totale delle imprese italiane. Quasi una impresa su dieci nel settore marittimo è gestita da un giovane under 35 e oltre una su cinque da donne. Nel Mezzogiorno e nel Centro Italia si concentra più del 74% delle attività imprenditoriali del Sistema mare (rispettivamente il 48,4% e il 25,9%). Il Lazio è la regione con il maggior numero di aziende blu in Italia, con 35.241 unità, seguita da Campania (32.449) e Sicilia (28.640). Considerando l’incidenza delle imprese del mare sul totale del sistema imprenditoriale regionale, la Liguria si posiziona al primo posto con il 10,5%, seguita da Sardegna (7,2%) e Sicilia (6,0%).

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Bonus Gas e Luce: confermato anche per il 2023

Secondo le stime saranno più di 30 milioni gli italiani che nel 2023 usufruiranno del Bonus Gas e Luce, soprattutto per effetto dell’intervento su uno dei requisiti principali per richiederlo, la soglia Isee, che con la Legge di Bilancio 2023 è stata alzata e fissata a 15mila euro. La riconferma del Bonus Gas e Luce da parte dell’esecutivo anche per il 2023 è da individuarsi principalmente nella difficoltà di un numero sempre maggiore di famiglie e imprese di far fronte al pagamento delle bollette di gas e servizi elettrici. A causa della speculazione, aggravata dalla crisi russo-ucraina, nell’ultimo anno i prezzi di luce e gas hanno subito un aumento notevole, gravando in modo considerevole sui bilanci familiari.

Isee a 15.000, requisiti e importo

Oltre al tetto massimo Isee a 15.000 euro, gli altri requisiti consistono all’appartenere a un nucleo familiare con almeno 4 figli a carico e ISEE non superiore a 20mila euro, essere percettori di Reddito di Cittadinanza o Pensione di Cittadinanza, essere intestatari di un contratto di fornitura elettrica o gas naturale o di fornitura condominiale centralizzata, avere patologie gravi e certificate che necessitano di apparecchi elettrici di tipo medico. In questo caso, si tratta del Bonus disagio fisico, riservato alle sole utenze domestiche. Diversi fattori contribuiscono a variare l’importo del Bonus. Nel caso di Bonus Gas, riguardano la categoria d’uso associata alla fornitura, la zona climatica, il numero di componenti della famiglia. Nel caso di Bonus Luce, invece, rilevante è soprattutto il numero dei componenti del nucleo familiare Isee.

Le agevolazioni stabilite dall’Autorità per l’energia

Le misure definite da Arera per il Bonus prevedono l’annullamento delle spese generali di sistema per le utenze cosiddette a ‘bassa tensione’, il potenziamento del Bonus per le utenze domestiche in cui vivono persone in condizioni economicamente svantaggiate o in gravi condizioni di salute, la possibilità di pagare le bollette in 10 rate mensili, e la riduzione dell’IVA al 5% sulle bollette del gas per utenze domestiche e non domestiche. Una delle agevolazioni riconosciute con il Bonus è infatti la possibilità di rateizzare gli importi fino a 10 rate e senza interessi.
I fornitori di energia hanno dato alcune indicazioni ai venditori, come ad esempio, il divieto di sospendere la fornitura in caso di mancato pagamento senza prima aver sollecitato il pagamento e proposto un ulteriore piano di rateizzazione.

Non occorre presentare richiesta

Ulteriori indicazioni, che possono comunque essere facilmente modificabili dal venditore, riguardano il valore delle rate, che non deve essere inferiore a 50 euro, e una prima rata pari al 50% dell’importo complessivo.
Grazie all’introduzione del Sistema Informatico Integrato e ai Servizi Proattivi dell’Inps, che consente il rilascio automatizzato del Bonus, quest’anno non occorre presentare alcuna richiesta. Infatti, il sistema permette di ricevere in automatico lo sconto in bolletta, se ovviamente si è in possesso dei requisiti. L’unica azione da compiere è quella di procedere alla compilazione del proprio Isee, rivolgendosi a un CAF o utilizzando l’Isee precompilato online.

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