Nome dell'autore: Marina Lo Cerchio

Nel 2020 hanno chiuso 22mila bar e ristoranti

Costretti a casa dai lockdown nel 2020 gli italiani hanno aumentato i consumi domestici, tanto che la spesa alimentare è cresciuta di 6 miliardi di euro in un anno, non abbastanza però per compensare quanto si è perso nei pubblici esercizi, dove i consumi sono crollati di 31 miliardi di euro. Un dato che certifica come gli italiani abbiano speso meno soprattutto per prodotti agroalimentari di qualità superiore, consumati in maniera maggiore all’interno dei ristoranti. E con il crollo dei consumi fuori casa sono oltre 22mila tra bar e ristoranti ad avere chiuso i battenti, a fronte di 9.190 nuove aperture. Un saldo negativo di oltre 13mila imprese.

La pandemia ha modificato il rapporto tra i consumatori e i pubblici esercizi

In termini di spesa pro-capite siamo tornati indietro di 26 anni, ovvero al 1994. È quanto emerge dal Rapporto Ristorazione 2020 di Fipe-Confcommercio, che evidenzia come pandemia e restrizioni abbiano anche modificato il rapporto tra i consumatori e i pubblici esercizi. Se a luglio 2020, periodo nel quale i locali sono tornati a lavorare a buoni ritmi, la colazione rappresentava il 28% delle occasioni di consumo complessive, a febbraio 2021 la percentuale è salita al 33%. L’esatto contrario di quanto accaduto con le cene, passate dal 19% a meno dell’11%.

Il 2021 è iniziato in modo complicato per i pubblici esercizi

A conti fatti, a febbraio di quest’anno colazioni, pranzi e pause di metà mattina hanno costituito l’87% delle occasioni di consumo fuori casa. Mentre è completamente scomparsa l’attività serale. Quanto al 2021, si apre in modo complicato per i pubblici esercizi. A metà marzo oltre il 75% delle imprese risultava parzialmente aperto, il 22% era chiuso pur prevedendo di riaprire ‘un giorno’, e il 2% dichiara che non riaprirà mai.

Crolla l’indice di fiducia sul futuro per gli imprenditori

Nel primo trimestre 2021 poi l’indice di fiducia sul futuro per gli imprenditori della ristorazione è crollato a -68,3% rispetto allo stesso periodo del 2020. Infatti, secondo gli intervistati da Fipe-Confcommercio, il 2021 sarà ancora un anno di fatturati in calo, mediamente del 20%, ma il dato più preoccupante è l’incertezza che i titolari manifestano verso il futuro. Il 33,4% delle imprese, scrive Adnkronos, non ha idea di cosa potrà riservare loro il 2021, e un altro terzo delle imprese ritiene che certamente nel 2021 andrà incontro a una ulteriore riduzione dei ricavi. Mentre il 2%, in linea con la prospettiva di non riaprire, dichiara che nel 2021 non sarà conseguito fatturato.

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Attacchi informatici silenziosi: oltre 260 ore per rilevarli

Gli attacchi informatici non solo sono sempre più sofisticati e insidiosi, ma anche “nascosti”: tanto che per individuarne uno possono occorrere fino a 260 ore, più di 10 giorni. Un’eternità. Lo rivela la nuova ricerca di Sophos “Active Adversary Playbook 2021” un vero e proprio manuale che riassume i comportamenti dei cybercriminali e le tecniche, gli strumenti e le procedure che gli esperti di sicurezza informatica hanno dovuto affrontare nel 2020 e nei primi mesi del 2021.

L’attacco più lungo? Inosservato per 15 mesi

In base ai dati raccolti durante l’analisi, è emerso che che il tempo medio di permanenza dell’autore di un attacco nella rete presa di mira è stato di 11 giorni (264 ore) mentre il tempo più lungo durante il quale un’intrusione è andata avanti inosservata è stato pari a 15 mesi. In merito alla natura dell’attacco, il ransomware è stato protagonista dell’81% degli incidenti di sicurezza e del 69% degli hackeraggi sfruttando il remote desktop protocol (RDP).

264 ore di tempo per agire indisturbati

Tra i dati più significativi contenuti nel manuale, si scopre che in media i cybercriminali hanno avuto 11 giorni – ovvero 264 ore – per svolgere attività malevole, come movimenti laterali, furto di credenziali e di dati sensibili e molto altro ancora. Tenendo conto che alcune di queste attività possono essere svolte in pochi minuti o al massimo in qualche ora, e che spesso ciò avviene di notte o al di fuori del consueto orario lavorativo, è facile capire che, con 11 giorni a disposizione, i danni che potrebbero essere causati all’azienda sono molteplici.

Il 90% degli attacchi utilizza Remote Desktop Protocol (RDP)

Sempre in merito alla natura degli attacchi, si scopre che il 90% di questi utilizza il Remote Desktop Protocol (RDP) che, nel 69% dei casi, viene anche usato per compiere movimenti laterali interni. Le misure di sicurezza per RDP, come le VPN e l’autenticazione a più fattori, tendono a concentrarsi sulla protezione dei punti di accesso dall’esterno. Tuttavia, questi accorgimenti non funzionano se il cybercriminale è già all’interno della rete.

L’esperienza umana fa la differenza

Come spiega John Shier, senior security advisor di Sophos, “Il panorama delle minacce sta diventando sempre più complesso, con attacchi sferrati da avversari dotati di grandi risorse e numerose competenze, dai cosiddetti “script kiddies” fino ai gruppi più esperti sostenuti da specifiche nazioni. Questo può rendere la vita difficile ai responsabili della sicurezza IT.  Nell’ultimo anno, i nostri team addetti a rispondere agli incidenti hanno fornito supporto volto a neutralizzare gli attacchi lanciati da più di 37 gruppi di attacco che hanno utilizzato più di 400 strumenti diversi. Molti di questi strumenti sono utilizzati anche dagli amministratori IT e dai professionisti della sicurezza per le loro attività quotidiane e di conseguenza individuare la differenza tra attività benigna e dannosa non è sempre facile. Con i cybercriminali che trascorrono una media di 11 giorni nella rete, implementando il loro attacco mentre si confondono con l’attività IT di routine, è fondamentale che i responsabili della sicurezza IT colgano le avvisaglie da tenere sotto osservazione. Uno dei principali segnali di allarme, per esempio, è quando uno strumento o un’attività legittima viene rilevata in un luogo inaspettato. Bisogna sempre tenere a mente che la tecnologia può fare molto ma, nel panorama delle minacce di oggi, potrebbe non essere sufficiente da sola. L’esperienza umana e la capacità di rispondere sono una parte vitale di qualsiasi soluzione di sicurezza”.

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La scelta del tavolo di design

Sicuramente avrai sentito parlare dei tavoli di design, degli arredi in grado di coniugare degli aspetti pratici e funzionali a delle forme artistiche raffinate per le quali spesso essi vengono percepiti come delle vere e proprie opere d’arte. Sicuramente un tavolo di design è una soluzione in grado di catturare gli sguardi di chi entra in casa tua e che regala inoltre un tocco di eleganza in più ad ogni ambiente. Esistono tavoli di design di ogni forma e dimensione chiaramente, realizzati con diversi tipi di materiali incluso il legno.

Scegliere il tavolo di design giusto

Il punto di riferimento per la scelta del tavolo di design è sicuramente quello relativo allo scopo principale di questo tipo di arredo, e dunque essere grande a sufficienza da poter contenere tutto il necessario per poter consumare i pasti o lavorare.

I tavoli di design in legno sono particolarmente eleganti e raffinati, mentre quelli in metallo o in vetro rappresentano il top dell’eleganza. Non c’è dunque un tavolo perfetto per tutti gli ambienti ma puoi scegliere in base a quello che è il tipo di ambiente che vuoi creare e soprattutto gli arredi già presenti nella stanza.

L’aspetto conviviale

Non dimenticare che principalmente il tavolo è l’elemento d’arredo che favorisce la convivialità dato che qui si mangia tutti insieme, ci si confronta e si fanno delle lunghe conversazioni. Certamente è anche possibile lavorare oppure poggiare degli oggetti, per cui tieni conto di queste cose quando scegli il tuo tavolo di design.

La stanza probabilmente più adatta in cui posizionarne uno è il soggiorno, ma esistono anche tavoli di design dalle dimensioni e forma adatta per inserirsi benissimo in un contesto quale quello della cucina. Qualsiasi sia l’ambiente in cui deciderai di inserire il tuo tavolo di design, avrai la certezza che questo andrà a fornire un importante contributo in termini di eleganza e creatività grazie alle sapienti mani dell’artigiano che lo avrà realizzato.

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Cittadini e imprese, ad aprile 2021 aumenta il clima di fiducia

Dopo alcuni mesi, arrivano segnali incoraggianti da parte dei consumatori e delle imprese: i due macrocomparti manifestano entrambi – finalmente – un buon incremento del clima di fiducia, il parametro dell’Istat per misurare “l’ottimismo” di aziende e cittadini. Ad aprile 2021, infatti, l’Istituto di Statistica stima un aumento dell’indice del clima di fiducia dei consumatori da 100,9 a 102,3 così come da parte delle imprese, passando da 94,2 a 97,3. Si tratta di segnali decisamente positivi, che rivelano come sia le persone sia le attività produttive e dei servizi riescano a cogliere i segnali di una vicina uscita dalla pandemia e di conseguenza un ritorno alla normalità e alla tanto desiderata ripresa sociale ed economica.

I consumatori vedono “rosa”

L’Istat segnala che tutte le componenti dell’indice di fiducia dei consumatori sono in aumento. Il clima economico e quello personale passano, rispettivamente, da 90,2 a 91,6 e da 104,5 a 105,9. Il clima corrente aumenta da 96,7 a 97,4 e quello futuro, che registra l’incremento più marcato, sale da 107,1 a 109,6. Si tratta di aumenti significativi, che fanno ben sperare per l’immediato futuro.

Crescita della fiducia in tutti i settori imprenditoriali

Per quel che riguarda le imprese, si registra un miglioramento della fiducia in tutti i settori osservati. In particolare, nell’industria manifatturiera l’indice sale da 101,9 a 105,4 e nelle costruzioni da 147,9 a 148,5. Nei servizi di mercato l’indice aumenta da 85,4 a 87,1 e nel commercio al dettaglio da 91,2 a 95,8 (grazie anche alle recenti riaperture, che hanno consentito di riprendere gran parte delle attività commerciali). Nell’industria manifatturiera migliorano tutte le componenti dell’indice di fiducia mentre nelle costruzioni si assiste ad un’evoluzione positiva solo dei giudizi sugli ordini.

Buone prospettive per i servizi

Per i servizi, l’aumento degli indici di fiducia è trainato dalle aspettative sugli ordini nei servizi di mercato e da quelle sulle vendite per il commercio al dettaglio. Tutte le altre componenti sono in peggioramento. Con riferimento ai circuiti distributivi del commercio al dettaglio, il miglioramento della fiducia è diffuso ad entrambi i circuiti analizzati ma con intensità diverse: nella grande distribuzione l’aumento è marcato (l’indice sale da 95,8 a 101,2) mentre nella distribuzione tradizionale è più contenuto (l’indice passa da 81,8 a 82,7). Insomma, ai “piccoli” la ripresa – stando alle rilevazioni – appare più lontana e difficile.

 

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9 Quali sono i benefit più richiesti dai dipendenti in tempo di pandemia?

Quali sono i benefit preferiti dai lavoratori durante questo periodo di pandemia? E in tempi di crisi economica, cassa integrazione e precarietà, ha senso parlare di benefit? Si, perché si tratta di uno dei punti di forza emersi dal rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro dei Metalmeccanici, approvato il 5 febbraio, che ha confermato i 200 euro l’anno di strumenti welfare. Per grandi aziende e Pmi del settore entrano quindi in gioco le contrattazioni dei benefit messi a disposizione dei dipendenti. Un’indagine condotta su 4.897 dipendenti di 8 paesi da Harris Interactive per Sodexo fa il punto proprio su quali benefit o premi vengano preferiti dai lavoratori, anche italiani, durante la seconda ondata della pandemia.

Premi immediati, food & beverage, benefit finanziari e smart working sul podio

Dall’indagine emerge quindi una sorta di classifica dei benefit più scelti di dipendenti, e al primo posto ci sono i premi immediati (34%), seguiti da quelli legati al food & beverage (24%), e al terzo posto quelli benefit finanziari e dalla possibilità di lavorare in smart working, entrambi al 23%. Al quarto posto ci sono i voucher per il pranzo (22%), seguiti dalla richiesta di assistenza medica privata (21%), la sovvenzione per i trasporti pubblici, i benefit per la salute psico-fisica, i programmi di formazione e i benefit a lungo termine (tutti al 20%), l’auto aziendale (13%), i servizi per i bambini (11%) e la carta di credito aziendale (10%), riporta Ansa.

Un confronto con la rilevazione estiva

Da registrare anche le variazioni nelle preferenze dei benefit tra le rilevazioni estive e quelle legate al post ondata autunnale. Se i premi a breve termine hanno mantenuto il primo gradino del podio al contempo hanno perso 3 punti percentuali, mentre la possibilità di lavorare da casa ha perso addirittura il 4% dei consensi, passando dal secondo al quarto posto della top 10. Un calo che ha coinvolto anche i benefit legati alla salute e al benessere, che perdendo 3 punti percentuali, sono passati dalla quarta all’ottava posizione della classifica. In crescita invece i buoni pasto (+2%), i percorsi di formazione (+2%) e la carta di credito aziendale (+2%).

Confermata la quota di 200 euro in servizi e strumenti di welfare

Ben 1,5 milioni di lavoratori hanno perciò vista confermata la quota di 200 euro in servizi e strumenti di welfare grazie al rinnovo del CCNL metalmeccanico. Una conferma che garantirà loro benefici e porterà vantaggi fiscali per le aziende. L’importanza di puntare sui flexible benefit, intesi come prodotti che migliorano la qualità della vita, può risultare utile anche per evitare la fuga di talenti. Da una recente ricerca di Eagle Hill Consulting, pubblicata da Human Resource Executive, è infatti emerso come il 58% dei dipendenti stia lavorando in condizioni di burnout e che addirittura uno su 4 stia pianificando di lasciare

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La sostenibilità nell’era Covid-19

In questo periodo di pandemia globale e crisi economica la sostenibilità ambientale è ancora una priorità? La risposta è sicuramente sì: le richieste e le aspettative dei consumatori in fatto di pratiche più sostenibili da parte delle imprese sono sempre più alte. E non è più una questione di quando le imprese dovrebbero perseguire un’agenda per la sostenibilità aziendale, ma di come dovrebbero procedere. L’indagine Global Trends di Ipsos, condotta su 33 mercati, ha scoperto che l’attenzione per l’ambiente e per l’emergenza climatica è il primo valore che unisce le persone in tutto il mondo. Nel settembre 2020, a livello europeo, si è infatti riscontrato un aumento della percezione di un imminente disastro ambientale se le abitudini non cambiamo rapidamente.

Ciò che una volta era una missione aziendale ora è un imperativo commerciale

Insomma, il business as usual non è più praticabile. Come affermato al World Economic Forum di Davos, rappresentato dalle imprese di tutto il mondo, “Ormai tutti capiamo l’importanza di investire nella sostenibilità economica. Quella che una volta era considerata una missione aziendale per fare del bene sociale è ora un imperativo commerciale”.

Nell’agosto 2019, la Business Roundtable ha adottato una nuova Dichiarazione sullo scopo di una società che asserisce come le aziende non dovrebbero solo servire i loro azionisti, ma anche dare valore alle opinioni dei loro clienti, investire nei dipendenti, trattare equamente i fornitori e sostenere le comunità in cui operano.

Il Coronavirus avrà un impatto sulle priorità in termini di sostenibilità?

Per questo le aziende e le organizzazioni di tutto il mondo stanno ponendo una crescente attenzione alla costruzione di business più sostenibili sotto ogni profilo: ora la sostenibilità è la redditività a lungo termine di un’azienda. Ma il Coronavirus avrà un impatto sulle priorità in termini di sostenibilità? Ipsos sta monitorando l’opinione pubblica dal febbraio 2020, analizzando le priorità, le paure e i rischi, le implicazioni sanitarie e finanziarie, la fiducia nelle organizzazioni, fino ai comportamenti di acquisto dei consumatori. Il sentiment verso la sostenibilità, e il progresso sociale più in generale, sono stati un aspetto chiave della ricerca. E le ricerche condotte durante la pandemia hanno dimostrato che l’opinione pubblica è ancora molto attenta ai temi della sostenibilità sociale e ambientale e si aspetta che queste siano affrontate al più presto.

Privilegiare gli aspetti sociali rispetto alla crescita economica

Un recente studio condotto da Ipsos e dal Social Progress Imperative rileva che quando la pandemia sarà finita la maggioranza delle nazioni (53% a livello globale) sceglierebbe il miglioramento degli aspetti sociali rispetto alla crescita economica come priorità a lungo termine per il proprio paese. Non è sorprendente che le persone si aspettano che l’economia si riprenda al più presto, ma l’opinione pubblica in generale si aspetta che la ripresa non debba avvenire a spese del nostro pianeta. E se in questa era segnata dal Covid-19 emergono nuovi bisogni, la sostenibilità rimane rilevante e prioritaria.

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Soft skills del futuro: problem solving e visione strategica

Quali sono le soft skills del prossimo futuro? Comunicare efficacemente, esercitare la leadership, problem solving e visione strategica. In relazione all’acquisizione di nuove modalità operative, secondo le imprese le aree più soggette al cambiamento sono marketing e comunicazione (30%), commerciale e customer care (19%), hr e training (18%), It e security (13%), produzione logistica e acquisti (11%), ricerca e sviluppo (9%), amministrazione e finanza (5%), affari istituzionali e legali (5%). È quanto emerge da una ricerca curata da Performance Strategies, azienda per l’alta formazione aziendale, che ha evidenziato gli elementi necessari alle imprese per ripartire.

Garantire standard di serenità e fiducia alza il livello delle performance

In ogni caso, secondo le aziende intervistate dalla ricerca in futuro ci sarà ancora bisogno di organizzazione e visione del lavoro (92%), desiderio di apprendimento a tutti i livelli, (59%), urgenza di far fronte alle incertezze (35%) e preoccupazioni da esorcizzare (29%). Sicuramente poi ci sarà bisogno di leader capaci di ‘curare’, di essere presenti e vicini a dipendenti e clienti. Gli intervistati sostengono infatti che garantire standard di serenità e fiducia, anche nei momenti più critici, è ciò che mantiene alto il livello della performance. Gli imprenditori, i manager e in generale i leader dovranno perciò creare visione (25%), profondere coraggio (19%), dare fiducia (18%), ed esprimere umanità (12%).

Non esistono paradigmi permanenti

Le aziende interessate dall’indagine prefigurano quindi un imprenditore-manager-leader in grado di praticare il framing o il re-framing, ovvero la capacità di guidare le percezioni individuali o sociali, mettendo in cornice dati, situazioni, eventi, ma soprattutto sapendo rimotivare e risignificare gli stessi. Si tratta di dare un nuovo significato (sense-making) al lavoro, coltivando abilità essenziali come gestire gruppi a visione limitata, sempre più diffusi in questo periodo di turbolenze sociali ed economiche. Inoltre, si tratta di possedere stili di leadership e apprendimento capaci di leggere qualsiasi tipo di informazione contestualizzando il tutto e mettendolo in discussione, consapevoli che non esiste alcun paradigma permanente, riporta Labitalia.

Il ruolo centrale della formazione nel processo di re-skilling di massa

Tra le abilità da apprendere, i manager evidenziano come fondamentale spingere all’innovazione sostenibile e alla comunicazione trasparente, co-costruire le decisioni con una forte interazione orizzontale e verticale, e assicurare coerenza valoriale. La ricerca evidenzia poi il ruolo centrale della formazione nel processo di re-skilling di massa. I programmi formativi dovranno essere sempre più orientati a potenziare e migliorare le qualità della relazione con clienti e collaboratori, mettendo al centro i valori che generano fidelizzazione, e che insieme alle soft skills favoriscono una maggiore agilità nei nuovi contesti lavorativi.

Da sottolineare le modalità con cui la formazione verrà erogata: le aziende intervistate propendono per un tipo di formazione ‘phygital’, ossia fisica e digitale (59%), che consenta nuovi metodi di apprendimento.

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Attacchi cyber, il 2021 fa paura: in pericolo i dati sensibili delle aziende

Nel 2021 il numero di violazioni dei dati registrerà una fortissima impennata. A dirlo sono gli esperti di di Cyber Protection, che lanciano l’allerta soprattutto verso le aziende (circa l’80%) che non hanno  ha ancora imposto criteri per l’utilizzo delle password. Acronis, leader nella Cyber Protection, ha richiamato l’attenzione sui risultati delle recenti ricerche sulle tendenze degli attacchi informatici e sulle procedure aziendali in vigore, evidenziando una potenziale minaccia globale alla privacy e alla sicurezza dei dati delle organizzazioni di tutto il mondo. L’azienda ha presentato questi risultati durante il Data Privacy Day, per mettere in guardia le imprese sull’esigenza di azioni immediate per evitare attacchi potenzialmente devastanti.

Password troppo deboli
L’analisi effettuata dagli esperti mette in luce che l’80% delle aziende non ha ancora imposto criteri per l’uso delle password. Tra il 15 e il 20% delle password utilizzate negli ambienti di business include il nome dell’azienda, una modalità che ne semplifica l’individuazione. Come riporta la nota di Acronis, “Due recenti violazioni di alto profilo esemplificano il problema: prima dell’attacco alla sua piattaforma Orion, l’azienda SolarWinds era stata avvisata della presenza di una password debole di uno dei server di aggiornamento: “solarwinds123”; secondo alcune informazioni, l’account Twitter dell’ex presidente Donald Trump fu hackerato perché la password “maga2020!” era facilmente intuibile”. Insomma, anche i colossi devono sapersi tutelare.
I rischi connessi allo smartworking

La larga diffusione dell’uso di password deboli e l’elevato numero di dipendenti che lavorano da casa come conseguenza dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19  rendono poco sicuri i sistemi di questi telelavoratori, e gli hacker ne approfittano. Nel corso del 2020, gli analisti hanno registrato un sostanziale aumento del numero degli attacchi cyber, con una forte incidenza dello stuffing delle password, al secondo posto dopo il phishing.

Adozione di tecniche di autenticazione più rigide
Per evitare che una violazione dei dati provochi costosi tempi di inattività, danni alla reputazione e sanzioni amministrative, le organizzazioni devono rafforzare i requisiti di autenticazione necessari per accedere ai dati aziendali. Ecco alcune best practies suggerite dagli esperti: “L’autenticazione a più fattori (MFA), che richiede agli utenti di completare due o più metodi di verifica per accedere alla rete, ai sistemi o alla VPN dell’azienda, dovrebbe diventare la norma in tutte le organizzazioni. Combinando le password con un metodo di verifica aggiuntivo, come la scansione dell’impronta digitale o un PIN casuale generato da un’app mobile, l’azienda resta protetta anche se il criminale indovina o manomette la password di un utente. Il modello Zero trust dovrebbe essere adottato per garantire la sicurezza e la privacy dei dati. A tutti gli utenti, che lavorino da remoto o all’interno della rete aziendale, è richiesto di autenticarsi, di comprovare le autorizzazioni di accesso e di convalidare costantemente la propria identità per accedere e utilizzare i dati e i sistemi dell’azienda. L’analisi comportamentale di utenti ed entità, o UEBA (User and Entity Behavior Analytics), facilita l’automazione della protezione aziendale. Monitorando la normale attività degli utenti tramite analisi statistiche e basate su IA, il sistema individua i comportamenti che esulano dagli standard, in particolare quelli che possono indicare una violazione e un furto di dati in corso”.

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Tecnologia: quali saranno i trend nel 2021?

Crisi da Covid-19, accelerazione del digitale, mutamenti nelle abitudini, quotidiane e in ambito lavorativo. In un contesto di incertezza economica, ma di fiducia nel contributo di nuove soluzioni e strumenti tecnologici, quali saranno i trend principali della tecnologia nel 2021? Telemedicina, cloud, sport femminile e informazione sul 5G: sono questi i trend in crescita per il nuovo anno secondo la ventesima edizione del report di Deloitte dal titolo TMT Predictions, che analizza le tendenze di tecnologia, media e telecomunicazioni che potrebbero influenzare consumatori e aziende nei prossimi mesi.

Telemedicina, soluzioni virtuali per medici e pazienti

“È ormai sotto gli occhi di tutti che la pandemia ha portato con sé un’accelerazione tecnologica senza precedenti – afferma Andrea Laurenza, TMT Industry Leader, Deloitte Central Mediterranean – soprattutto in Italia”.

Secondo lo studio uno dei trend innescati da Covid-19 a livello globale è stato il ricorso alla telemedicina, prime fra tutte le visite mediche effettuate tramite video. Oltre ad aver reso necessario l’abbattimento di alcune barriere normative, i pazienti sono stati spinti infatti a comprendere e utilizzare le app di videochiamata, soprattutto gli ultrasessantenni. Lo studio di Deloitte prevede quindi che la percentuale di medici e pazienti disposti ad adottare soluzioni virtuali nel 2021 salirà al 5% a livello globale, rispetto all’1% stimato nel 2019.

La pandemia rafforza il mercato del cloud e quello degli sport femminili

Una seconda tendenza evidenziata da Deloitte è l’adozione del cloud. Lockdown e lavoro da remoto hanno infatti accelerato la crescita di questo mercato, che nel 2020 ha registrato tassi più elevati rispetto al 2019, e tra il 2021 e il 2025 si prevede che l’aumento dei ricavi rimarrà superiore al 30%. Gli eventi sportivi, invece, tra annullamenti, spostamenti e assenza di pubblico, nel 2020 sono stati condizionati., anche se secondo lo studio sono rimaste intatte le prospettive di crescita. Soprattutto in due direzioni, la maggiore capitalizzazione degli sport femminili e l’utilizzo delle tecnologie digitali per allenarsi, riporta Agi. Nei prossimi anni, prevede Deloitte, il mercato degli sport femminili supererà il miliardo di dollari, grazie a una crescente capacità di attrarre il pubblico televisivo e gli sponsor.

Capitalizzare i cambiamenti per ottimizzare il rilancio socio-economico

“Anche se persistono alcune resistenze, come nel caso del 5G, il nostro Paese sta vivendo un incremento dell’alfabetizzazione digitale, sia a livello di consumatori sia di aziende – spiega ancora Laurenza – ed è fondamentale capitalizzare questi cambiamenti per ottimizzare il rilancio socio-economico post Covid”. Le bufale sui danni del 5G sono però dure a morire. Soprattutto in Italia, che tra i Paesi analizzati da Deloitte è penultimo per conoscenze sulle nuove tecnologie di rete. Sarebbe quindi necessario “un tempestivo e adeguato piano di informazione – aggiunge Laurenza – che educhi i consumatori affinché vengano opportunamente arginate le paure” relative al nuovo standard di trasmissione dati.

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Dieci previsioni sulla cyber sicurezza per il 2021

Nel 2021 i cybercriminali approfitteranno della paura legata all’emergenza sanitaria e alla crisi economica, ma anche al ricorso sempre più massiccio allo smart working e all’implementazione di nuove tecnologie per sferrare i loro attacchi. Nel 2021 gli hacker sfrutteranno infatti i nuovi strumenti di automazione per estrarre dati specifici delle vittime dai social media e le pagine web aziendali. Il Threat Lab di WatchGuard ha stilato 10 previsioni sulla sicurezza informatica per il 2021, di cui la prima è una crescita a livello globale delle campagne di spear phishing.

Ma il 2021 sarà anche l’anno in cui i provider di hosting cloud come Amazon, Google e Microsoft inizieranno a reprimere il phishing e altre attività malevole. Questa infatti è la seconda previsione degli esperti di WatchGuard.

Attacchi mirati ai dipendenti in smart working

Secondo gli esperti poi nel 2021 i criminali informatici cambieranno strategia e invece di colpire direttamente un’organizzazione o un’azienda cominceranno a sferrare attacchi mirati ai dipendenti in smart working. Inoltre, gli esperti prevedono che smart charger e “homebrew” apriranno la strada a violazioni di smart car, impedendone la ricarica finché non si paga il riscatto, oppure installando software non autorizzato per bypassare i controlli di sicurezza.

Gli utenti chiederanno di regolamentare la privacy degli smart device

Gli smart device come Alexa o Siri guardano e ascoltano tutto ciò che accade nelle nostre case, e alcuni dispositivi wearable tracciano e rilevano parametri di salute critici. Se a ciò si aggiungono gli algoritmi di machine learning (ML) è chiaro che le aziende di noi sanno tutto. Nel 2021 gli utenti inizieranno quindi a chiedere ai legislatori di regolamentare le aziende produttrici di dispositivi IoT affinché proteggano la loro privacy. Nel 2021 WatchGuard prevede anche il raddoppio di attacchi informatici contro RDP, VPN e server di connessione remota mediante l’uso di credenziali rubate, exploit e attività brute-force vecchio stile. Inoltre, gli esperti si aspettano che i criminali cerchino falle di sicurezza significative nei vecchi sistemi operativi come Windows 7, nella speranza di sfruttare endpoint legacy su cui gli utenti non possono facilmente applicare patch.

Ogni servizio senza MFA subirà una violazione

Con la prevalenza di attacchi alle procedure di autenticazione automatizzati WatchGuard prevede poi che nel 2021 ogni servizio per cui non sia stata abilitata l’MFA subirà una violazione, o una compromissione degli account. Gli esperti si aspettano anche molte campagne di phishing e social engineering, che sfrutteranno la paura e il senso di incertezza dovuti alla pandemia. E si potrebbe assistere anche a un aumento di attacchi di spear phishing verso i membri della famiglia di un dipendente. Se il criminale riesce a inserire il proprio malware sulla rete domestica ha infatti maggiori possibilità di arrivare al computer aziendale.

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